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Dopo la polemica dello scorso anno con Legambiente, che sosteneva che le acque provenienti dai depuratori Ciip e immesse in mare non fossero ben depurate, quest’anno l’ente gestore del servizio idrico ha deciso di avviare un’analisi approfondita sull’efficienza dei depuratori.

Il verdetto? “I depuratori Ciip godono di ottima salute e la gestione assicura un ciclo completo delle acque in totale rispetto della natura e dell’ambiente”, parola del presidente Ciip, Giacinto Alati.

Lo studio è stato l’occasione per mettere nero su bianco sette anni di progressi ed interventi importanti da parte dell’azienda in termini di efficienza del settore della depurazione e della squadra del comparto tecnico–idrico.

L’indagine sui depuratori Ciip, lo scopo

Un duplice scopo. Da una parte l’aspetto ambientale, con il monitoraggio dei corsi d’acqua del Fermano e del Piceno, nei quali confluiscono le acque depurate provenienti dagli impianti gestiti da Ciip, per verificare la qualità dell’acqua e l’entità della pressione antropica.

Dall’altra un esame lo studio di nuove soluzioni dal punto di vista gestionale e la programmazione di interventi futuri.

Le analisi, lo studio di Cia Lab

Dodici i corsi d’acqua esaminati, ovvero: torrente Abula, torrente Ragnola, torrente Menocchia, torrente Tesino, fosso Rio, fiume Aso nel depuratore di Pedaso e Marina di Altidona, fiume Tenna, torrente Ete, fosso Campofilone, torrente Ragnola al depuratore di torre Palanca e fiume Tronto.  

Dall’analisi doveva emergere l’impatto che i depuratori Ciip avevano, appunti, sui relativi corsi d’acqua.

Il metodo di analisi utilizzato, come spiegato da Corradetti di Cia LAB, è diverso da quello utilizzato lo scorso anno da Legambiente, (che assunse ed analizzò i campionamenti alle foci dei torrenti), infatti, i prelievi sui corsi d’acqua sono stati fatti prima, a monte, e dopo, a valle, del punto di immissione delle acque depurate.

Oltretutto si è fatta attenzione a prelevare campioni non commistionati con acqua di mare.

Tale metodo è diverso anche da quello istituzionale utilizzato dall’Arpam, che analizza i prelievi provenienti da un unico punto, ossia il cd. pozzetto fiscale.

Così, si è potuta valutare l’entità della pressione antropica a cui è sottoposto il corso d’acqua per salvaguardare la qualità delle acque di balneazione a mare prendendo in considerazione gli indicatori di inquinamento più comuni e significativi che sono il contenuto salino, l’ammoniaca e le sostanze organiche ed i parametri microbiologici (per esempio, il livello di escherichia coli).

Oltretutto è stato preso in considerazione un altro dato importante, ossia la portata d’acqua dei singoli fiumi analizzati, che influenza in maniera determinante il grado di sostanze inquinanti immesse nelle acque balneari.

In altre parole, quando le acque provenienti dal depuratore si immettono in un fiume che ha una grossa portata d’acqua, sarà molto più facile che alla foce arrivi acqua del tutto pulita, in quanto vi è una capacità auto-depurativa delle stesse.

Stessa cosa non avviene in presenza di corsi d’acqua con portata minima, se non pari a zero in questo periodo, in quanto lo scarico del depuratore che si immette direttamente in tale corso d’acqua, finisce inevitabilmente per alimentare completamente la foce.

Nonostante ciò, secondo l’analisi condotta da Cia Lab, tali situazioni si sono riscontrate soltanto in casi isolati che non sono stati idonei a compromettere in maniera significativa la balneabilità.

I risultati dello studio

Come sottolineato dal presidente Alati, si è appurata l’efficienza e il buon funzionamento di tutti i depuratori Ciip come segno tangibile dell’impegno assunto dall’azienda in questi anni nei confronti del territorio.

Tutti gli scarichi dei depuratori monitorati presentano parametri nei limiti fissati dalle rispettive autorizzazioni.

Infine, sulla base dei risultati ottenuti, è stato possibile stilare tre differenti livelli di rischio di inquinamento per le acque di balneazione, partendo da un rischio di inquinamento quasi inesistente dell’1%, per poi arrivare ad un rischio apprezzabile del 10%, fino ad un rischio del 30% – in ogni caso basso, in termini di inquinamento.

Alla prima classe di rischio è possibile ricomprendere il torrente Ragnola con i depuratori di Fonte Palanca e Rustichelli, il torrente Menocchia con il depuratore di Cupra Marittima, fosso Campofilone su cui scarica il depuratore di Marina di Campofilone ed il fiume Aso con i depuratori di Pedaso ed Altidona.

Nella seconda classe di rischio c’è il torrente Tesino con il depuratore di S. Leonardo, fosso Rio con il depuratore di Lido di Fermo, il torrente Ete con il depuratore di Salvano, il fiume Tenna con il depuratore Basso Tenna ed il fiume Tronto su cui scarica il depuratore Brodolini.

Nella terza classe di rischio c’è soltanto il torrente Albula sul quale scarica il depuratore di San Vincenzo, che comunque è interessato da scarichi occasionali e dallo scarso ricambio delle acque di mare in prossimità della foce.

 

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