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La crisi in sette anni ha portato via, ne Piceno, 720 imprese artigiane e circa 2mila posti di lavoro, senza contare l’indotto. Sono i drammatici dati forniti dal Centro studi della Cna nazionale, e analizzati dalla Cna di Ascoli, che dicono che nel 2009 nel Piceno erano registrare in Camera di Commercio 6.629 imprese artigiane, mentre a dicembre 2016 il loro numero era di 5.909. Un calo del 10,9 per cento, superiore al dato nazionale (meno 9,2 per cento). In linea con il dato marchigiano (meno 10,9). Inferiore al calo registrato a Fermo (meno 12 per cento) e a Pesaro/Urbino (meno 17,9). Superiore a quello di Macerata (meno 9,1 per cento) e di Ancona (meno 4,1 per cento).

Dati e modelli

“I timidi segnali di ripresa – spiega il presidente della Cna Picena, Luigi Passaretti – non cancellano purtroppo questo gravissimo colpo preso. Formazione e innovazione saranno la chiave indispensabile per non arretrare ulteriormente e agganciare una congiuntura che si prospetta finalmente leggermente meno negativa”.

La contrazione drammatica dell’artigianato negli anni 2009-2016 sembrerebbe suggerire l’inadeguatezza del modello artigiano in periodi di crisi prolungata. In realtà un’analisi attenta dei dati suggerisce che vi sono altri fattori che spiegano questa caduta. A livello territoriale, fatta eccezione per le province di Bolzano e Monza-Brianza, nelle quali tra il 2009 e il 2016 il numero delle imprese artigiane è aumentato, tutte le altre province sono accumunate da un trend discendente del numero di imprese artigiane, pur seguendo dinamiche differenti a livello settoriale. Particolarmente alte in valore assoluto sono le perdite nelle province di Torino (6.025 imprese artigiane in meno) e Bari (4.748 imprese artigiane in meno), mentre in termini percentuali le flessioni maggiori si registrano tra le province di Pesaro-Urbino (-17,9%), Palermo (-18,2%) e Lucca (-20,2%).

“A livello settoriale – è il commento di Francesco Balloni, direttore della Cna Picena – in alcuni casi la diminuzione della base produttiva artigiana è stata determinata ovviamente dalla crisi. È il caso della manifattura e delle costruzioni. In altri casi, però, è il modello artigiano a non avere retto all’impatto della crisi determinando così una diminuzione del numero delle imprese. Nel settore dei trasporti, ad esempio, a fronte di una riduzione del numero delle imprese artigiane, si riscontra un aumento di quello delle imprese non artigiane. È verosimile che in questo contesto, la crisi abbia determinato una riorganizzazione del settore favorendo in particolare le imprese di dimensioni maggiori”.

 

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