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Il cinema ormai da anni affronta e abbraccia con grande stile lo sport. Dalle biografie di atleti, ai calciatori, alle corse automobilistiche fino ad arrivare al tennis. Per chi lo pratica e per chi lo ama non è un mistero. Il tennis è uno sport solitario. Di concentrazione. La solitudine che circonda il giocatore quando gioca è descrivibile solo da chi lo prova.

Borg/McEnroe prova, e a atti riesce, in questo difficile compito.
Far immergere lo spettatore nell’isolamento che circonda i tennisti.

La trama

Per i profani dello sport e della vicenda che il film analizza il film è riassumibile così: Wimbledon, 1980, finale. Il vincitore delle quattro edizioni precedenti e idolo delle donne contro il novellino rissoso.

Il ghiaccio contro il fuoco. La concentrazione contro l’irruenza. La contrapposizione tra il serafico Borg ed il vulcanico McEnroe è alla base del film.

Il primo freddo e mai pronto ad esternare le sue emozioni. Il secondo aggressivo, sempre pronto a dire la sua, ad esternare ciò che covava dentro.

Le due personalità non sono però così dissimili in profondità, perché nelle sue prime istantanee il film dipinge un giovanissimo Borg (tra l’altro interpretato da Leo Borg, il figlio più giovane di Bjorn) alle prese con atteggiamenti “alla McEnroe”, mentre il suo rivale giovane viene appunto descritto come un bambino intelligente e molto calmo.

Purtroppo i momenti in cui Borg è protagonista sono decisamente più estesi rispetto a quelli in cui McEnroe viene sbalzato in primo piano. Ciò conferisce al film un aspetto ‘di parte’ , motivo per cui SuperBrat non ha partecipato alla produzione.

Pero il merito più evidente del film e del regista soprattutto è che riesce a farti capire quell’eccezionale mescolarsi di solitudine individualistica, cortesia per l’avversario, e concentrazione psico-atletica che è il tratto più vero del tennis.

E scusate se è poco.

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