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Scrittori a Scuola quest’anno si fregia di ospiti prestigiosi e di libri dall’altissimo valore culturale. Si tratta di una progetto di cui come Libreria Rinascita andiamo fieri perché ci regala emozioni grazie alle abilità dei ragazzi coinvolti e grandi contenuti grazie alla estrema professionalità dei grandi autori invitati.

Nel novero di questi sono molto felice di poter annunciare la presenza martedì 20 Febbraio di Anilda Ibrahimi. La scrittrice di origine albanese è tra le autrici più intense della narrativa contemporanea e presenta il libreria e a scuola insieme ai ragazzi dell’ITS MAZZOCCHI il suo ultimo toccante romanzo: Il tuo nome è una promessa.

La storia è un racconto familiare affidato alla memoria delle donne che narra di come una famiglia ebrea riesca a scampare alla strage nazista grazie all’ospitalità che il regno d’Albania concedeva ai perseguitati di religione mosaica durante i terribili anni del nazismo.

L’ultima erede di questa famiglia scampata alla guerra sarà la voce narrante del libro che ricuce così la memoria del passato con il presente. Dalla quarta di copertina del volume: “Nella vita di Rebecca la fuga a un certo punto è l’unica trama possibile.

Il suo matrimonio con Thomas probabilmente è arrivato al capolinea, meglio non assistere alla consunzione dell’amore. Per questo accetta l’incarico dell’organizzazione internazionale per cui lavora: destinazione Tirana. Non è mai stata in Albania, ma di quel paese sa molte cose. Sa per esempio che l’ospite è sacro e che la parola data viene presa seriamente.

Quello infatti è il paese che ha dato ospitalità a sua madre Esther in fuga dalla Berlino nazista, il paese che le ha salvato la vita. Ma proprio nell’Albania di re Zog, che accoglieva gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale, Esther ha perso sua sorella Abigail – catturata dai nazisti e deportata a Dachau.

E quello strappo mai ricucito è ancora troppo doloroso per essere raccontato. Ad accoglierla a Tirana, Rebecca trova un ragazzo dalla voce rauca ma che con le parole sa fare vertiginosi ricami: Andi sarà il suo assistente, e forse qualcosa di più. Rebecca farà così i conti col passato della sua famiglia ma anche con Thomas, che la raggiungerà per provare a dare un nuovo corso alla loro storia.

Sarà proprio lui, fotografo di fama, a riannodare i fili di quelle vite spezzate ricostruendo in un documentario le vicende degli ebrei salvati da re Zog, e delle due sorelle Esther e Abigail.

Il libro che è scritto superbamente è ricco di rimandi alla cultura albanese che ci appare nella sua vicinanza geografia estremamente distante e affasciante. La storia del paese slavo, dalla guerra fino agli anni della dittatura comunista e poi nella nuova modernità è un tassello importante per comprendere molto della realtà dell’Europa nei suoi rapporti tra est e ovest.

Consigli di lettura sull’Albania

Date queste premesse il mio percorso di oggi sarà dedicato a libri che parlano dell’Albania, terra a un braccio di mare da noi, ma che già profuma d’oriente.

Inizio con un altro libro della Ibrahimi, forse il più noto della scrittrice Rosso come una sposa. Saba viene data in sposa, appena quindicenne, al più maturo Ymer, già vedovo di sua sorella.

La giovane, malvista da suocera e cognate, dovrà imparare da sola a gestire marito e figli, specialmente dopo lo sterminio dei suoi fratelli da parte dei nazisti. Nel difficile compito, Saba ha come alleate dapprima le figlie e poi le nipoti, in un’epopea tutta al femminile che attraverserà anche la lunghissima parentesi del comunismo.

La fine del comunismo è raccontata dalle sue discendenti, non senza rimpianti, perché per loro, pur tra tanti lati oscuri, la dittatura riuscì a sollevare l’Albania da uno stato di arretratezza feudale. Le vicende più vicine a noi sono raccontate da una nipote di Saba.

Proseguo con un testo che racconta una delle più antiche tradizione albanesi: La vergine giurata.

Hana abbandona gli studi universitari che, piena di curiosità e di entusiasmo, aveva da poco iniziato all’Università di Tirana per tornare a vivere sulle montagne del Nord dell’Albania, nella casa dello zio che l’ha cresciuta dopo la morte dei genitori e che adesso è vedovo e malato.

Un atto d’amore e di gratitudine che assume i tratti di uno spaventoso olocausto di sé quando Hana, che si rifiuta di accettare il matrimonio combinato che permetterebbe allo zio di morire in pace ma che costringerebbe lei a rinunciare alla propria indipendenza, pensa che l’unico modo per risolvere i suoi problemi sia diventare una vergine giurata: una di quelle donne, cioè, che a un certo punto della propria vita decidono di farsi uomini e di rinnegare la propria femminilità. Lo zio è fiero di lei, l’onore della famiglia è salvo e lui è finalmente libero di arrendersi alla malattia che lo divora.

Nella cupa solitudine delle montagne si abbrutisce e si imbruttisce per sopravvivere alla fatica, al freddo, allo sconforto, finché la cugina Lila, emigrata tanti anni prima negli Stati Uniti, non riesce a convincerla a infrangere il giuramento per raggiungerla a Washington.

Qui Hana riesce con grande sforzo – grazie al sostegno della cugina e della sua famiglia, ma soprattutto alla propria tenacia – a trovare la consapevolezza di sé e del suo corpo mortificato, e ad accettare l’amore di un uomo che la aiuta ad appropriarsi di una femminilità rinnegata.

Concludo con un testo molto curioso, un reportage fatto da Joseph Roth proprio dedicato al pese balcanico che ci racconta del paese nel 1927. Il grande scrittore ci mostra un affresco potente di una civiltà complessa: Viaggio in Albania

Scritti con l’humour e la sensibilità ben noti ai suoi lettori, gli articoli sono penetranti descrizioni di quei luoghi: la terra e la natura aspra; il popolo albanese con le sue peculiarità e tradizioni, i suoi cerimoniali nazionali e lo stile di vita; le antiche città dalle suggestioni bibliche e quelle più moderne protese faticosamente al raggiungimento di una qualche forma di progresso: il tutto senza rinunciare mai alla notazione pittoresca, né ad un’attenta analisi storico-politica.

L’autore è colpito soprattutto dagli elementi ancora arcaici che caratterizzano il popolo e i costumi albanesi in quei primi decenni del Novecento; a paragone del grande e ormai smembrato impero da cui Roth proveniva, questa ex provincia dell’impero ottomano non poteva non apparirgli ben distante dalla ‘civilizzata’ realtà che aveva conosciuto, sebbene con la consueta ironia Roth non risparmi nemmeno gli stessi ‘europei’, osservando che molto spesso tradizioni e costumi occidentali non risultavano poi così differenti, e a volte neppure superiori.

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