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Bandita ogni forma di improvvisazione, inappropriati i campanilismi, inammissibile l’inadeguatezza. A dirlo è uno dei massimi esperti di marketing digitale e turismo innovativo. Maurizio Goetz è docente di Media e Turismo allo Iulm e di Web Marketing Turistico presso l’università Bicocca, co-autore con Andrea Rossi di “Creare offerte turistiche vincenti con il Tourist Experience Design” (Hoepli, 2011).

 

Professore, lei sostiene che questa sia una fase di trasformazione dell’offerta turistica che da standardizzata diventa esperienziale. Come si innesca questo passaggio? “Ci sono due elementi fondamentali. Il primo è la moltiplicazione della possibilità di scelta dell’utente. Negli ultimi dieci anni molti nuovi Paesi sono entrati nel mercato turistico anche grazie al web. Le aziende e le destinazioni si trovano a competere con un numero sempre maggiore di concorrenti, che propongono per differenziarsi, offerte sempre più mirate. Il turismo di massa sta mostrando i suoi limiti, offerte molto simili tra di loro, (dal punto di vista del turista), limitata personalizzazione, effetto “già provato” e la progressiva diffusione delle piattaforme di comparazione delle offerte turistiche stanno spingendo anche le destinazioni più consolidate verso forme di turismo esperienziale. Il secondo elemento riguarda l’evoluzione dei gusti del viaggiatore che sempre di più richiede una personalizzazione del viaggio e la soddisfazione di bisogni specifici. Il turista richiede oggi un viaggio “su misura”, in grado di soddisfare specificamente i suoi bisogni, le sue passioni, i suoi sogni. In particolare Internet e i dispositivi mobili hanno cambiato le regole del gioco, ma soprattutto la mentalità ed il comportamento dei turisti. Disintermediazione, conoscenza “self service” altamente selettiva, la richiesta di informazioni aggiornate in tempo reale, l’utilizzo delle reti sociali per la raccolta di informazione e per la formazione delle decisioni di acquisto di un viaggio, hanno indotto nuovi comportamenti e nuove aspettative. Nella logica della comparazione sul web, la competizione si gioca prima sull’attenzione e solo successivamente sull’offerta. Dunque, è necessario uscire dalla logica della standardizzazione che non paga più”.

 

Il turista è sempre più esigente e richiede innovazione e professionalità. La metodologia che lei suggerisce è il Tourist Experience Design. Di cosa si tratta? “Il viaggiatore cerca offerte che possano rappresentare i suoi gusti personali. Il turismo oltre che esperienziale è anche motivazionale. Attraverso il viaggio rinforza la propria identità, ma richiede di vivere un’esperienza caratteristica. È necessario, quindi, una forte identità della destinazione. Tuttavia l’esperienza in sé non va banalizzata, non si può infatti prescindere dal coinvolgimento del viaggiatore nel processo organizzativo. L’esperienza va rinnovata continuamente e va costruita insieme al turista che ne fruisce. Dal punto di vista del turista, il viaggio è un’esperienza unica “seamless” (senza soluzione di continuità). Dal punto di vista invece del mondo degli operatori del turismo, siamo ancora lontani da ciò. Limitata integrazione dell’offerta e della comunicazione. L’esperienza che viene offerta al turista è spesso frammentata. Spesso gli elementi di offerta non sono sufficienti per realizzare un’esperienza completa. Il Tourist Experience Design è una metodologia strutturata per la progettazione dell’esperienza turistica, attraverso una combinazione di metodi e modelli analitici, predittivi e creativi che si propone di integrare i diversi operatori pubblici e privati. La sfida consiste nella creazione di “valore esperienziale significativo” per i diversi segmenti di mercato, in tutte le fasi del ciclo esperienziale, prima, durante e dopo il viaggio, innovando le logiche di prodotto turistico, di comunicazione e di relazione tradizionali”.

Rispetto al turismo di massa, l’approccio del turismo esperienziale mette al centro non il prodotto ma l’esperienza del viaggiatore. Come si analizza e come si prevede allora, l’esperienza di una persona? “Il punto di partenza è l‘analisi dei bisogni del turista anche attraverso le nuove tecnologie. Per questo usiamo innanzitutto una combinazione di metodi di indagine tradizionali e innovativi come la netnografia digitale, che ci permette ad esempio di analizzare le conversazioni sui Social Network. Vanno analizzati con attenzione gli elementi differenziali di una proposta di valore, attraverso un’analisi competitiva, per comprendere qual è l’offerta su cui puntare per ottenere un posizionamento difendibile nel medio e lungo periodo. Inoltre, vanno usati e rivisti i criteri di segmentazione. Le definizioni eccessivamente rigide sono superate, bisogna andare all’origine di un’abitudine, di un’aspettativa o di un desiderio. I nuovi segmenti sono dinamici e consentono di capire i bisogni del viaggiatore molto più in profondità”.

Arriviamo al web: come sfruttare le sue potenzialità e quelle dei social media per la nuova promozione turistica? “Molte destinazioni utilizzano i social media e il web quasi esclusivamente per la promozione turistica, ma per comunicare è necessario innanzitutto ascoltare in profondità. La comunicazione deve essere percepita come rilevante e significativa per ogni segmento turistico. Attraverso il web si possono identificare delle comunità di viaggiatori con passioni, interessi e bisogni omogenei e mettere in atto un ascolto attivo, usando quegli stessi luoghi per comunicare in modo efficace e specifico”.

Uno dei mali endemici dell’offerta turistica dei piccoli centri è la mancanza di metodi e strumenti analitici e creativi che consentano di mettere in pratica, appunto, la trasformazione di cui parliamo. Qual è la cura? “La scarsa scientificità nell’approccio è data innanzitutto da una non approfondita conoscenza del mercato di riferimento, che si traduce in proposte obsolete e non interessanti anche dal punto di vista della comunicazione. A questo si aggiunge la necessità di abbattere le barriere, a cominciare da quelle che regolano le diverse politiche del turismo, del commercio, delle infrastrutture che vengono portate avanti in modo non integrato. Il turista percepisce ogni punto di contatto come un punto esperienziale: il traffico, l’ospitalità, l’accoglienza, la segnaletica, gli orari delle attività commerciali, che sono coordinati da centri decisionali diversi che dovrebbero migliorare la loro collaborazione. Dal punto di vista della gestione, tutti questi elementi fanno riferimento a organizzazioni e persone che devono muoversi in sinergia attraverso la creazione di un ecosistema esperienziale. Si tratta quindi di pensare ad una nuova forma di governance maggiormente orientata al viaggiatore. Il problema dei piccoli centri non è solo di risorse, ma soprattutto di cultura di progetto. Va integrato un sistema di offerta tra enti pubblici e privati che metta al centro il turista. Il viaggiatore non comprende divisioni e campanilismi. Serve un progetto condiviso, che ruoti attorno all’elaborazione di concept esperienziali ben definiti, che forniscano ai viaggiatori una chiave di lettura dell’esperienza e che mostrino chiaramente agli operatori la direzione da prendere”.