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ASCOLI PICENO – Quando c’è di mezzo una vita umana, tutto deve passare in secondo piano. E’ il caso del colpaccio esterno dell’Ascoli a Cittadella, giunto in uno dei giorni più tristi per il calcio italiano. Mentre Papa Waigo e compagni festeggiavano inconsapevoli, a pochi chilometri di distanza Pier Mario Morosini cessava di vivere. Nonostante la nostra inadeguatezza, ci sembra doveroso ricordare la figura dello sfortunato giocatore del Livorno.

UNA VITA TUTTA IN SALITA – Pier Mario Morosini era abituato a vivere con il dolore. Poco più che quindicenne nel 2001, perde la madre a causa di un male incurabile. La ferita è ancora aperta quando due anni più tardi, viene a mancare il papà causa un arresto cardiaco. In mezzo a questi infausti episodi, c’è il suicidio del fratello disabile. Non dimentichiamoci che Morosini aveva un’altra sorella disabile, oramai unica componente rimasta in vita della famiglia assieme ad una zia molto anziana.

LE QUALITA’ SUL CAMPO – Proprio da queste vicissitudini il giocatore bergamasco aveva trovato le forze e le motivazioni per andare avanti. Un talento puro il suo anche se forse tutt’ora inespresso. Del resto quando giochi a Bergamo o ad Udine e ti trovi di fronte dei veri propri fenomeni fai fatica. Andando a farsi le ossa in serie B, aveva mostrato tutte le sue qualità. Era un regista classico, uno che dava del tu alla palla, uno che correva e impostava, un centrocampista moderno.

TIMIDO E SORRIDENTE – Fuori dal rettangolo di gioco a detta di chi lo conosceva, Pier Mario Morosini era una persona simpatica e solare ma allo stesso tempo timida. L’ex compagno di squadra Emanuele Belardi, lo ha definito un uomo d’altri tempi per la sua gentilezza e per i suoi modi di fare. Sguardo triste ma sempre sorridente, così vogliamo ricordare un ragazzo di 25 anni morto su un campo di calcio mentre si dedicava alla sua passione.

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