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ASCOLI PICENO – La Lega Abolizione Caccia e Lega Anti Vivisezione hanno depositato al Tar delle Marche il ricorso contro la Determina della Provincia di Ascoli Piceno che approva il piano di abbattimento delle volpi considerate in sovrannumero. Diverse erano state le richieste di sospensione per “l’infondatezza, l’inutilità e la crudeltà della caccia in tana e notturna”; anche dal punto di vista giuridico sono state riscontrate diverse irregolarità e per questo impugnate dal legale delle due associazioni.

 

Il ricorso, redatto dall’avvocato Valentina Stefutti, contesta numerosi aspetti del piano, dai suoi presupposti alle sue finalità e modalità di svolgimento. “Tra i più importanti, resta disatteso l’obbligo, previsto dalla legge 157/92 e dalla legge 7/95, di ricorrere agli abbattimenti solo in caso di fallimento, certificato dall’Istituto Superiore per la Protezione e al Ricerca Ambientale, di metodi ecologici e incruenti, consistenti, come più volte ribadito dallo stesso Ente, principalmente nella non immissione di fagiani e lepri, e nella recinzione di discariche e microdiscariche. – spiegano in una nota stampa le associazione Lac e Lav – La Provincia di Ascoli Piceno non ha attuato alcuno dei suddetti metodi, contribuendo, anzi, a fornire cibo alle volpi presenti con l’immissione di duemila fagiani e lepri per fini venatori. Proprio con la tutela di questi animali, artificialmente immessi dai cacciatori, la Provincia di Ascoli ha motivato l’abbattimento delle volpi. Tale motivazione non è assolutamente prevista dalle leggi suddette e ritenuta insufficiente anche dal Consiglio di Stato rispetto all’interesse collettivo di tutela della fauna selvatica”.

 

La sensibilità delle associazioni animaliste si fonda sul parere negativo dell’Ipsar che considera questo tipo di battute dannose per tutte le specie selvatiche in riproduzione, dal momento che viene svolta da diversi cacciatori, e che sottolinea lo sconvolgimento delle cucciolate e delle femmine che allattano se effettuate fuori dal periodo di caccia in piena primavera. “Per la particolare crudeltà e per la non necessità di tali uccisioni, si ritiene che la condotta di chi le mette in atto integri i reati di uccisione e maltrattamento di animali, di cui agli Artt. 544 bis e 544 ter C.P.”, sentenziano le due associazioni che auspicano a un risultato sull’esempio di quanto avvenuto nella provincia di Siena.