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ASCOLI PICENO – Proprio nei giorni che precedono il fine settimana dedicato alle startup, associazioni di categoria e sindacati continuano a denunciare la moria di imprese dovuta alla crisi, che nel Piceno ha fatto sentire ancora di più la sua stretta andando a colpire soprattutto i grandi gruppi industriali che si erano insediati nel territorio più di trenta anni fa, grazie ai finanziamenti della cassa del mezzogiorno. Una industrializzazione “esterna” che progressivamente ha perso pezzi importanti andando a depauperare il tessuto produttivo piceno.

I DATI DELLA CRISI – Si stenta a uscire dal tunnel, basti pensare che nel secondo trimestre del 2014 – secondo i dati di Infocamere elaborati dalla Cna di Ascoli – si sono iscritte nel registro delle imprese 357 aziende, con un calo del 12,5% rispetto al secondo trimestre del 2013 quando se ne iscrissero 417. Frena, invece, l’emorragia delle aziende che chiudono i battenti: 228 nel secondo trimestre di quest’anno, 326 nel secondo trimestre dell’anno passato.
“Il dato delle minori cessazioni – commenta Luigi Passaretti, presidente della Cna di Ascoli – è senza dubbio positivo ma non compensa altri indicatori ancora purtroppo fortemente negativi. Il forte calo delle nuove aperture ci dice infatti che il territorio rischia di riposizionarsi sempre più verso il basso. E i livelli di occupazione restano drammatici. Il sistema di Infocamere a giugno 2013 ci segnalava 59.541 addetti, a giugno 2014 ce ne segnala 53.700”.

GIOVANI E DONNE – Sono loro a soffrire maggiormente la crisi. Sempre nel secondo trimestre del 2014 hanno aperto i battenti, in tutta la provincia di Ascoli, 116 imprese il cui titolare ha meno di 35 anni e 101 imprese guidate da una donna. Questo vuol dire che, rispetto al secondo trimestre di un anno fa, c’è stato un calo di nuovi inizi di attività del 22,1% per le giovani imprese e del 24,6% per le attività in rosa. “Il numero delle imprese regge – aggiunge Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli – ma continua il calo dell’occupazione e sempre meno giovani hanno voglia o, più probabilmente, possibilità di fare impresa. Questi indicatori, ancora ben lontani dall’uscita del tunnel, confermano l’unica strada possibile e che la Cna sta cercando di condividere con le proprie imprese: innovazione per essere più forti sui mercati e formazione per frenare l’emorragia occupazionale e dare maggiori possibilità ai giovani”.

GLI INVESTIMENTI STRANIERI – Ancora poche le aziende estere che guardano con interesse al Piceno, burocrazia e sistema economico generale sono il freno che fa sì che anche piccoli e piccolissimi imprenditori stranieri guardino sempre con meno “appetito” al territorio. A giugno di quest’anno, secondo trimestre 2014, sono stati infatti 42 gli imprenditori non italiani che hanno avviato un’attività nel Piceno. Nello stesso periodo del 2013 erano stati invece 53, con un calo di oltre 27 punti percentuali.

MICROIMPRESA SOTTO ASSEDIO – Piccole e micro imprese anche in questo secondo trimestre del 2014 pagano il tributo più alto sul fronte occupazionale. La microimpresa (meno di 9 addetti) del Piceno ha infatti perso in un anno il 5,5% degli addetti, mentre la piccola impresa (da 10 a 49 addetti) ne ha persi lo 0,9. “Medie e grandi imprese – aggiunge il presidente Passaretti – hanno fatto registrare un saldo positivo ma del tutto insufficiente a invertire il segno meno riguardo l’occupazione complessiva nel nostro territorio. Il continuo calo delle piccole e delle micro conferma invece politiche non ancora adeguate per il loro sostegno, a cominciare dalla tassazione eccessiva e dalla burocrazia che invece di far recuperare ore lavoro all’imprenditore ne fa perdere sempre di più. E questo è gravissimo per piccole e piccolissime aziende che, per dimensioni, non possono avere strutture amministrative autonome e quindi il titolare fa sia l’artigiano che l’impiegato e il contabile”.

IL TURISMO – Piceno, dunque, ancora con un lungo elenco di criticità, come spiega il direttore Balloni: “Il turismo, altra nota dolente per un territorio che avrebbe le caratteristiche per puntare fortemente sull’accoglienza sia lungo la costa che nelle città d’arte e nell’entroterra montano, fra giugno 2013 e giugno 2014, ha lasciato sul campo ben il 12,3% degli occupati. Il risultato peggiore rispetto a tutti gli altri comparti produttivi presenti nella nostra provincia”.

I SINDACATI – lanciano un grido d’allarme. A tal proposito, la Cisl sta organizzando un presidio nazionale per il 30 settembre davanti a Palazzo Chigi per “dare una sveglia alla politica” recita lo slogan, in attesa della grande manifestazione di ottobre promossa dalla Cgil contro la riforma dello jobs act. Diverse le nuove aziende che hanno chiuso recentemente, segnalate dal sindacato.

LE AZIENDE – La Roland Europe spa di Acquaviva Picena, impresa che produce strumenti musicali e per l’elettronica (va distinta dalla Roland DG, sempre ad Acquaviva, che invece è funzionante, produce macchine di stampa nel settore della grafica e della comunicazione visiva e rappresenta un’eccellenza del territorio). La Roland era un insediamento produttivo di ricerca e sviluppo con 150 dipendenti ed ha annunciato la messa in liquidazione volontaria della società a novembre 2013 e chiuso definitivamente a luglio 2014. La Haemonetics Produzione Italia, 186 dipendenti, appartenente al Gruppo Haemonetics SA operante nel settore di dispositivi medici e software per la raccolta, lavorazione e trasfusione di prodotti emoderivati che ha cessato l’attività dello stabilimento di Ascoli a causa del crollo delle vendite, dei costi di produzione eccessivi e della conseguente impossibilità di competere con la concorrenza in termini di prezzi. “Sono solo alcuni esempi di aziende che hanno avuto visibilità mediatica e aiuto istituzionale nel momento della loro chiusura – fa sapere la Cisl -, che però non possono essere viste nel loro singolo bisogno perché nell’insieme ci dicono che il nostro territorio si sta impoverendo e che non ci sono alternative occupazionali senza industria”.

SCANDOLARA – “Ancora oggi – continua la Cisl – ci sono tante situazioni di crisi in cui siamo intervenuti con la gestione dei contratti di solidarietà e di cassa integrazione. Ci preoccupa la situazione della Scandolara spa, 205 dipendenti dove già ad agosto 2012, per invertire la tendenza dei risultati economici negativi dovuti alla stagnazione dei consumi legati alla crisi, ad un costo del lavoro tale da non rendere competitiva la produzione dello stabilimento stesso fino ad arrivare ad una contrazione delle commesse con effetti negativi sui livelli di occupazione, ha provveduto formalmente alla disdetta del contratto integrativo aziendale e a giugno 2013 ha avviato una procedura di mobilità per trenta unità sostituita poi con un accordo di cassa integrazione presso la Regione Marche, che ha segnato un percorso duro fatto di sacrifici anche economici per i lavoratori che attraverso un nuovo accordo hanno recuperato un pezzo di quella contrattazione. A distanza di un anno la Scandolara annuncia nuovamente 25 esuberi in una nuova procedura che scadrà il 25 settembre”.

L’APPELLO – Il sindacato si rivolge direttamente alla politica e ai suoi rappresentanti: “Vanno prese decisioni per sostenere la buona industria, per riqualificarla, per farla continuare a vivere a discapito di un sistema che vede difficile l’accesso al credito, il passaggio generazionale spesso inadeguato, un elevato costo energetico e burocratico, poca disponibilità al rischio e agli investimenti, tutto ciò spesso si scarica inevitabilmente sui dipendenti. Per tutte queste motivazioni la Fim Cisl ha organizzato una manifestazione nazionale il 30 settembre davanti a Palazzo Chigi per portare la crisi davanti ai palazzi che contano, per dare la sveglia alla politica, perché non c’è più tempo da perdere. Anche da Ascoli Piceno si sta organizzando un pullman di lavoratori metalmeccanici, cassintegrati e in mobilità”.

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