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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Quel mal di pancia che ricorda, a chi ce l’ha, e forse anche alla Chiesa, che si ha a che fare con un corpo femminile. Un corpo femminile in passato “legittimamente” martoriato (Santa Inquisizione), proprio negli ambienti ecclesiastici, e oggi consegnato addirittura all’oblio, tanto che oltre a una suora – che pare non sapesse di essere incinta – nemmeno le sue consorelle si erano accorte di nulla. Non se ne fa un fatto di femminismo, per carità, ma certamente di umanità. Quella che a volte manca, quando si tratta un fatto di cronaca come questo, dal quale andrebbe estrapolata la vicenda in sé per stimolare poi, un reale dibattito (badi bene, non accusa, ndr) sulla condizione delle suore.

IL FATTO DI CRONACA – Una suora di origine sudamericana, pare da poco ospite di un convento del maceratese, ma non si sa quale, ha partorito un bambino all’ospedale di San Severino Marche. Domenica 18 gennaio, a causa di un forte mal di pancia, la donna si sarebbe fatta accompagnare al pronto soccorso dalle consorelle. I medici dopo un’ecografia l’hanno subito trasferita nel reparto di ostetricia dove ha dato alla luce un bimbo. Casi simili nel 2011 a Pesaro e nel 2014 a Rieti.

LA NEGAZIONE – La Madre Badessa del Monastero di Santa Chiara di San Severino pare abbia subito precisato che la neo mamma non sarebbe una suora di clausura dei conventi della zona. Suor Rosella ci tiene a difendere il significato della loro scelta di vita, sulle pagine di riviste nazionali e assicura che “nessuna suora di clausura degli 8 conventi della Diocesi di Camerino-San Severino ha messo al mondo un figlio”.

CONVENTI ITALIANI – Sette suore su dieci in realtà arriverebbero da quelle parti di mondo verso le quali fino a pochi anni fa partivano le missionarie italiane: Filippine, Asia e America latina. Le aspiranti novizie, un tempo, si presentavano al convento accompagnate dalla madre che le consegnava alla Superiora, dopo un abbraccio che consisteva in un addio. Le pagine dei Promessi Sposi ci ricordano come invece fu tutta una famiglia a imprigionare religiosamente e fin dalla nascita, Gertrude, diventata poi la “sventurata” Monaca di Monza. Manzoni la descrive così: “al momento cioè in cui conveniva, o dire un no più strano, più inaspettato, più scandaloso che mai, o ripetere un sì tante volte detto; lo ripetè, e fu monaca per sempre”.
Oggi le aspiranti suore arrivano in aereo e con la loro presenza si cerca di riempire conventi e monasteri, sempre più deserti.

LA RIFLESSIONE – A prescindere dall’ordine e dal convento di provenienza della suora in questione, forse è il caso di leggere i fatti dal loro punto di vista più profondo, al di là di quelle congetture o dei facili giudizi e pregiudizi. Abbiamo per questo raccolto il commento dello scrittore Lucilio Santoni: “Non appena ho letto la notizia della suora che ha partorito a San Severino mi è affiorato un ricordo. E a causa di quel ricordo, la quantità di scontate battute al riguardo mi ha un po’ addolorato. Ora spiego il perché. Per via di uno spettacolo teatrale, qualche anno fa mi è capitato di conoscere le suore del convento dal quale, con ogni probabilità, proviene la neo mamma. È stata un’esperienza tenera e amara al tempo stesso”. Santoni ci ha raccontato di ragazze rifugiate lì e provenienti dal cosiddetto terzo mondo, alcune delle quali avevano uno sguardo di quelli che non si dimenticano: quello di una disperata richiesta di aiuto, di umanità. “A loro non interessa la religione o la fede – continua Santoni – sono arrivate lì per caso, solo perché vogliono una vita. Il convento è l’unica possibilità di avere un tetto e qualcosa da mangiare. Immaginiamoci per un attimo la solitudine di chi per nove mesi è così trasparente che nessuno si accorge del suo stato. Come sempre, vale la pena riflettere sulle vicende umane che stanno dietro le notizie di cronaca. L’auspicio è che, dopo quella della pedofilia, la Chiesa (e la società) abbia il coraggio di scoperchiare anche questa pentola”. Quel mal di pancia che allora ci ricorda che siamo anima, ma anche corpo, che è la riflessione è dal basso ventre che dovrebbe provenire. Quel ventre che regala la vita, anche quando questa possibilità, per qualche ragione, gli viene negata.

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