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ASCOLI PICENO – La sezione ascolana del Club Alpino Italiano lamenta la possibilità che parte dell’area di Colle San Marco possa finire nelle mani di un privato e lancia un appello alla magistratura affinché “accerti la natura pubblica di queste aree prative”. Sulla vicenda si era espresso qualche tempo fa anche il presidente onorario di Italia Nostra, William Scalabroni.

SAN MARCO “INOSPITALE” – “La primavera – si legge in una nota – ha fatto tornare gli ascolani sul Colle San Marco. Sempre pochi, però, rispetto alle opportunità di svago e di benessere che il Colle e le pendici della Montagna dei Fiori riservano anche ai visitatori occasionali. Sta di fatto che il Colle San Marco, specie quello che gli ascolani chiamano il Pianoro, luogo di ritrovo di centinaia di persone soprattutto giovani, il 25 aprile, il primo maggio e a Ferragosto, è diventato inospitale. Le strutture sportive e ricreative realizzate alcuni decenni fa (campi da tennis, palazzine di servizi igienici e sanitari, attrezzature ginniche, fontanine, recinzioni) sono semidistrutte e abbandonate. Rifiuti e cartacce ovunque. Qualcuno, periodicamente, vi getta anche bocconi avvelenati. E in pochi si preoccupano di recuperare un patrimonio pubblico e un ambiente naturale che potrebbero diventare una straordinaria risorsa per il territorio piceno”.

LA POSSIBILITÀ DI UN USUCAPIONE – La vicenda si fa complessa. Il CAI, infatti, sostiene che l’intera area rappresenti un bene comune e pubblico appartenente a tutti gli ascolani, una convinzione che però si contrappone ad una richiesta fatta da un privato cittadino: “A breve – continua la nota – il Tribunale potrebbe pronunciarsi sulla pretesa di un privato di essere riconosciuto proprietario esclusivo di diverse aree: in pratica tutte quelle scoperte, comprese tra il Pianoro e la località detta San Giacomo”. Una richiesta che al CAI non va giù, “se si considera – si spiega nella nota – che l’intera l’area (boschiva e no), in origine donata dalla famiglia Sgariglia agli Istituti Riuniti di Cura e Ricovero di Ascoli, allo scioglimento dell’Istituto di beneficenza fu trasferita per legge al Comune di Ascoli. Si tratta, dunque, di beni pubblici, vincolati ad una destinazione assistenziale pubblica, di per sé inalienabili. Il CAI auspica che la Magistratura accerti la natura pubblica di queste aree prative che sono state sempre liberamente godute da tutti: escursionisti, sciatori e, da ultimo, cicloamatori e ciaspolatori, come dimostrano i sentieri che le attraversano. Si tratta, dunque, di beni pubblici di uso comune, come l’aria, l’acqua, il mare, la pioggia, il sole, di cui non è possibile limitare la fruizione da parte della collettività. Beni comuni che fanno parte della storia e dell’identità di un’intera popolazione e a cui gli ascolani non intendono rinunciare”.

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