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ASCOLI PICENO – Negli ampi spazi delle Grafiche Tacconi, siti nella zona industriale Campolungo di Ascoli Piceno, martedì 16 Febbraio a partire dalle ore 18.30 si terrà il finissage della mostra di Maurizio Romani , L’idea di armonia, curata da Giuseppe Bacci. Con questo evento, inaugurato il 16 gennaio scorso, si è aperto al pubblico un nuovo spazio dedicato all’arte denominato Tacconi Art Space. Le pregevoli opere sono state utilizzate per illustrare l’annuale calendario-catalogo delle Grafiche Tacconi, in un’affollatissima inaugurazione introdotta da Serena Tacconi la quale, ringraziando gli intervenuti e porgendo il saluto a nome della famiglia Tacconi, ha sottolineato che tre sono stati i motivi per fare festa: l’inaugurazione dello spazio artistico all’interno dello stabilimento, l’inaugurazione della mostra e la presentazione del calendario-catalogo 2016.

L’ARTISTA – Maurizio Romani è nato a Roteglia di Castellarano, un piccolo paese dell’Appennino reggiano, nel 1955. Era ragazzo quando un frate del seminario dei Padri Cappuccini di Parma, nonché allievo di Frà Paolo Augusto Mussini, ha scoperto la sua attitudine per l’arte. Padre Arvedo Bertini che Romani considera la sua “Accademia d’elezione” ha fatto in modo che in lui accrescesse la passione per l’arte e lo stimolo ad approfondire lo studio delle tecniche pittoriche di base. In un dialogo con Alfredo Gianolio ha confidato: “A lui devo la scoperta della pittura, il passaggio da un interesse semplicemente culturale a un coinvolgimento che sfociava in un forte e irresistibile desiderio di applicarmi, esprimermi attraverso il disegno e il colore”. Il 1986 ha segnato un traguardo importante per il suo cammino artistico, in quanto Alfredo Gianolio e Angela Nascimbene-Cucchi hanno curato la sua prima mostra personale presso la Galleria Il Voltone di Reggio Emilia. Gli anni successivi sono risultati piuttosto intensi, le mostre personali e collettive si sono susseguite ininterrottamente e i crescenti contatti con artisti e critici di valore come Mario De Micheli, Dario Micacchi e Federico Zeri lo hanno portato ad approfondire il suo rapporto con le diverse espressioni dell’arte contemporanea.

LA MOSTRA – In passato le opere di Romani che avevano come soggetto figure della tradizione cristiana, portavano l’osservatore a recuperare mentalmente una sensazione visiva molto precisa. La stessa che si percepisce quando, dopo aver osservato a lungo un’immagine, si decide di chiudere gli occhi e questa continua a danzare brillante su uno sfondo ambrato. Non a caso Pietro Zampetti aveva scritto che la sua tavolozza scaturiva: “da un dialogo e da un confronto tra mondo reale e mondo delle idee”. Eppure dopo uno sguardo più attento, il raffronto appariva azzardato e lo stato d’animo cambiava completamente quando ci si soffermava sulle opere che ritraevano il volto di Cristo. Un senso di angoscia sembrava stringere la gola nel momento in cui si osservava il viso emaciato e dai lineamenti quasi senili che emergevano dall’oscurità. Era come se il Figlio di Dio e le sue parole fossero stati consunti dal tempo e dall’uso improprio che nel corso della storia alcuni uomini ne hanno fatto. Per quanto riguarda le recenti nature morte in esposizione presso il Tacconi Art Space, Armando Ginesi ha scritto: “Le nature morte di Maurizio Romani sono vive. Sicché le chiamerei ‘vive nature morte’. Contraddizione e paradosso? Doppiezza? Perché no? L’arte si costruisce sulla contraddizione e sul paradosso, in quanto, quando è autenticamente tale, si colloca fuori del senso comune, anzi contro di esso: in greco parà vuol dire ‘contro’ e dòxa significa ‘opinione’. […] Maurizio Romani, apparentemente ‘fotografo’ del reale, in verità ricerca (e trova) una verità seconda che vive ed opera dietro le immagini registrate dalla retina e che di esse costituisce l’anima segreta.  Il pittore se ne impossessa riproponendocela sotto la forma di una verità reale ricomposta, secondo accostamenti da lui voluti, secondo un ordine da lui pensato. […] Anche se l’artista è teso in direzione dell’eternità, ovvero verso un tempo che si arresta per arrestare, con sé, il caduco, il contingente, il transeunte”.

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