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Immaginiamo di essere un turista americano in visita in Italia nei giorni del ponte di Ognissanti. Immaginiamo di alloggiare in uno dei tanti hotel di via Cavour e, avendo una parziale conoscenza dell’italiano, vediamoci intenti, dopo una giornata di passeggio e cultura, a cercare di carpire qualche informazione dai telegiornali nazionali sulle recenti scosse di terremoto. Su una durata media di 30 minuti di tg, dopo i primi collegamenti nelle zone fortemente toccate dal sisma, si susseguono almeno 3 o 4 servizi su Roma, sulle misure da adottare nella capitale in caso di forte scossa, sui disagi creati in città e sul terrore della gente. Da turisti siamo indotti a pensare che il vero disagio sia li, tra quelle vie intrise di storia ora drammaticamente colpite da un sisma che pare non lasciare scampo.

INFORMAZIONE?

Sebbene nel mondo, siamo certi, che Roma sia ben più conosciuta di Visso, Norcia, Castelluccio o Ascoli Piceno, la sottile linea tra corretta informazione e immediata comprensibilità qui viene nettamente scavalcata a favore del secondo fattore. Il disagio di molti viene evidenziato a discapito di un popolo, quello marchigiano, umbro e del basso Lazio, violentemente colpito dal terremoto, tanto nei beni di prima necessità, quanto nella perdita, speriamo non definitiva, di quei luoghi che hanno segnato la vita di ciascun abitante della zona.

RICORDI

Chiunque almeno una volta ha ammirato la fioritura di Castelluccio o si è fermato a Norcia per mangiare il ciauscolo, i 100 giorni all’esame di maturità festeggiati a Cascia, le feste studentesche a Camerino o le splendide passeggiate sul Vettore, i campi-scuola a Montegallo, la visita con i compagni delle elementari alla rocca di Arquata e i picnic fuori porta della domenica in famiglia.

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La frattura sulla montagna.

Questi che sembrano solo attimi, momenti, ricordi, sono l’identità di questi popoli, del mio popolo, e l’autorità per scrivere una così netta opinione sulla mala informazione viene da una studentessa che abita a Roma e proprio da qui ha vissuto i giorni del sisma.

Un terremoto ci mette di fronte ad una paura irrazionale, crea in noi un innato spirito di conservazione e protezione di chi ci sta intorno, quindi non si sta giudicando il grado di paura che ognuno vive di fronte a un dramma simile. Si fa appello al buon senso, alla capacità oggettiva di vedere persone senza più nulla ma ancora aggrappate alla loro casa e alla loro terra. Leggere il coraggio di chi, nel proprio piccolo, apre la sua attività tutte le mattine, prova la sera nonostante il terrore, consola i più piccoli o i più anziani senza pensare troppo a sé.

La buona comunicazione passa per il rispetto, per l’uso delle parole e delle immagini non come lame affilate volte ad incidere l’opinione di chi non è presente, ma come una mano che solleva la notizia mostrandola a tutti, senza manometterla.

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