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Venerdì si celebra l’8 marzo, la festa della donna, ma i dati raccontano che la parità di genere per le donne che fanno impresa è ancora lontana. Le imprenditrici sono penalizzate nell’accesso al credito e nella successione aziendale si privilegiano i figli maschi.

8 Marzo, le donne che fanno impresa nelle Marche

Nelle Marche sono più di 39 mila pari al 22,8 per cento delle 172 mila imprese totali. Turismo e servizi sono i settori dove è più consistente la presenza di imprese guidate da donne.

Forte è la presenza di aziende femminili nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, nei servizi di supporto alle imprese , nella sanità ed assistenza sociale, nell’istruzione, nelle attività artistiche, sportive e di intrattenimento.

Imprese, quelle guidate da donne, che sono due volte giovani. Giovani perché il 41% delle imprenditrici marchigiane ha fondato l’azienda dopo il 2010 contro il 33% degli imprenditori.

E giovani perché le imprese femminili guidate da under 35 sono 4 mila, una su tre delle 13.946 imprese giovanili. Imprese femminili giovani concentrate soprattutto nel commercio e nel turismo con una forte presenza nell’alloggio e ristorazione.

Imprese al femminile, i numeri stranieri

Un’impresa femminile su dieci parla straniero. Le imprese marchigiane guidate da donne immigrate sono infatti 4.431 su un totale di 16.118. Quelle under 35 sono 735.

Le imprenditrici straniere attive nelle Marche provengono sopratutto da Cina, Romania e Marocco e si occupano prevalentemente di commercio servizi alla persona, alloggio e ristorazione, manifatturiero.

Gli ostacoli all’imprenditoria femminile

“Un contributo importante, quello fornito dalle donne che fanno impresa all’economia regionale,” afferma Emilia Esposito presidente Impresa Donna Cna Marche “malgrado la mancanza di politiche di sostegno mirate al welfare e alle pari opportunità. Noi chiediamo di rendere detraibili al 50 per cento le spese di cura e di aiuto alla famiglia e di riequilibrare la distribuzione dei fondi destinati alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che attualmente vanno al 90 per cento alle lavoratrici dipendenti e per il 10 per cento alle lavoratrici autonome. Inoltre va incentivata la creazione di reti territoriali di di conciliazione vita e lavoro per servizi di welfare per la famiglia e per l’infanzia che prevedano la collaborazione tra pubblico e privato”.

Un altro ostacolo, per le titolari d’azienda, è quello dell’accesso al credito. La Cna ha affidato a Swg un sondaggio, dal quale emerge che nei rapporti con le banche, nel 50% dei casi, le donne imprenditrici o aspiranti tali, sono trattate peggio degli uomini.

Pregiudizi, quelli verso le donne che fanno impresa, duri a morire. Alla morte del titolare di un’impresa di famiglia capita spesso che a succedere nella guida dell’azienda siano i figli maschi.

Secondo il 39 per cento del campione di cittadini intervistato da Swg per conto della Cna “questo avviene perché i figli maschi sono indirizzati fin da piccoli, a prendere in mano il futuro dell’azienda” e per il 23 per cento “le donne sono ritenute meno imprenditrici rispetto agli uomini”.

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