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La bellezza salverà il mondo. Queste parole andrebbero scritte sui muri in tutte le nostre città e la ragione è presto detta: l’Italia è ricchissima di tesori artistici che con la loro unicità e magnificenza ci richiamano a ciò che è alto e che merita rispetto.

Questo pensiero è alla base del libro di Tomaso Montanari “L’ora d’arte”. Il volume, corredato da bellissime immagini, è la raccolta di una serie di articoli scritti per Repubblica dal professore e critico d’arte che ha voluto, seguendo il filo capriccioso del gusto personale, raccontare l’incanto capace di suscitare in noi l’opera dei geni dell’arte di ogni tempo.

Il libro è in aperta polemica con chi dice che con la cultura non si mangia e con chi ritiene l’ora di storia dell’arte tra le materie “eliminabili” dal percorso scolastico per far posto a cose “utili” o “meglio spendibili”  per il lavoro .

 Montanari ci ricorda invece che la capacità di meravigliarsi e di godere della bellezza è ciò che ci permette di riconoscerci come facenti parte del consorzio umano, di condividere il grumo di sentimenti e pensieri che ci distingue delle altre creature e ci fa riconoscere valori e ideali.

L’arte ci mostra che siamo umani – e dunque tutti fratelli – perché ci apre al mistero e al fatto che quello che produciamo può aprire ad un oltre. Se creiamo arte non siamo destinati al nulla, ma abbiamo una possibilità di esistenza e conoscenza che va oltre il qui e ora. L’arte è la dimostrazione che siamo in fondo radicati in una possibilità di infinito.

Ecco perché conoscere l’arte è fondamentale. Attraverso Giotto, Leonardo, Tiepolo, Botticelli, Mantegna, Van Gog e tanti altri noi abbiamo una possibilità di vedere oltre il velo del quotidiano risplendere qualcosa di più che ci rende più umani e più lucidi.

Vorrei segnalarvi in particolare alcune delle più interessanti pagine del libro dedicate tra l’altro non ai quadri “iconici” che tutti conosciamo ma che pochi riescono ancora a guardare con il giusto misto di stupore e rispetto. In particolare una delle più belle è dedicata alla Madonna del parto di Andrea Mantegna che si trova in un luogo sperduto come Monterchi.

 Questo quadro viene infatti citato in uno storico discorso nel 1944 da Calamandrei, alla fine della guerra dunque, che Il prof. Montanari riporta nel libro. Calamandrei dice “non è passato giorno che io non abbia pensato, come pensavo ai miei parenti ed ai miei amici in pericolo, a quel quadro abbandonato ai tedeschi. Che ne sarà successo? Si sarà salvato? Io non lo so ancora”.

L’idea che in un momento così drammatico il pensiero di questo grande personaggio abbia avuto a cuore un quadro ci fa capire che in quel manufatto c’è più della semplice immagine che rappresenta. In essa, come in tante altre opere, è chiuso il senso della nostra esistenza, che non si riduce all’utile ma conta di valori più alti.

Vi consiglio di leggere questo libro che come un album di fotografie di famiglia ci mostra da dove veniamo come umani, di cosa siamo stati capaci di fare e a cosa dobbiamo tendere. Volgiamo lo sguardo a ciò che è bello, in esso c’è il riflesso del bene a cui dobbiamo rispondere.