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Le Sibille sono antiche profetesse conosciute in tutti i luoghi che si affacciano nel Mediterraneo. Si tratta di personaggi oscuri e fatalmente affascinanti, che attraversano i millenni e sopravvivono ai cambiamenti religiosi e culturali, adattandosi, di volta in volta, alle nuove tradizioni e ai nuovi culti.

L’etimologia della parola Sibilla è incerta, ma sappiamo che deriva dal greco e, secondo il letterato romano Varrone, precisamente dai lemmi sioù-boùllan, che significherebbero “volontà del Dio”.

C’è una frase di Servio, nel suo Commentario all’Eneide, nella quale viene data una descrizione poetica e delicata di cosa sia una Sibilla: Sibylla dicitur omnis puella cuius pectus numen recipit, ovvero “si dice Sibilla qualsiasi ragazza abbia la capacità di accogliere un dio nel proprio petto“. Le Sibille erano, infatti, sacerdotesse vergini in grado di predire il futuro ispirate da un dio, la cui apparizione era sempre legata ad una fonte sacra o a un antro, simboli entrambi del Femminile. I vaticini sibillini venivano emessi, quindi, grazie all’ispirazione di una forza superiore, in stati frenetici durante i quali il Dio possedeva la giovane donna, facendo uscire dalla sua bocca enigmatiche parole. Per questo, in italiano, l’aggettivo sibillino indica qualcosa di poco chiaro, che si presta a differenti interpretazioni.

Con la fine del paganesimo e l’avvento dell’era cristiana, queste profetiche figure non scompaiono, anzi, la teologia le vede come annunciatrici, insieme ai Profeti, della venuta di Cristo.

 

La Grotta della Sibilla sugli Appennini

La Sibilla Appenninica, tuttavia, è una figura particolare rispetto alle Sibille della tradizione classica: queste furono elencate da Varrone, che fissò a 10 il loro numero: Persica, Libica, Delfica, Cimmeria, Eritrea, Samia, Cumana, Ellespontica, Frigia, Tiburtina. Le leggende legate alla sua esistenze sono svariate.

Tradizione vuole che la Grotta della Sibilla, o Grotta delle Fate, sita sull’omonimo monte, a 2.150 m, ospitasse al suo interno un regno magico, dove viveva la Regina Sibilla con le sue ancelle.

Non si sa bene come il mito sibillino sia arrivato sui monti marchigiani. Alcuni ipotizzano l’invidia e la ribellione di questa superba donna nello scoprire che sarebbe stata l’umile Maria a ospitare il figlio di Dio e non lei; si sarebbe, allora, chiusa in una grotta, appartata, sino alla fine dei tempi. Altri affermano la sua invenzione di sana pianta nel periodo medievale. Le ipotesi più accreditate, tuttavia, sono due: da un lato, la “creazione” del mito della Sibilla Picena come trasformazione di un culto pagano antico, che autorevoli studiosi identificano con quello della Dea Cibele, Grande Madre Anatolica, venerata sia in Oriente sia in Occidente, dall’altro troviamo l’associazione della Sibilla Cumana, che vaticinava dal suo antro a Cuma, vicino al Lago Averno, all’immaginario della caverna appenninica, non lontana dal misterioso Lago di Pilato.

Quale che sia la sua origine, nel Medioevo i Sibillini sono stati, grazie a lei, luogo di pellegrinaggi di santi e avventurieri, negromanti e cavalieri, che si recavano all’antro della Maga (così, infatti, verrà chiamata nell’Età di Mezzo la Sibilla marchigiana) per scoprire loro stessi.

Adolfo de Carolis, Sibilla Appenninica
Adolfo de Carolis, Sibilla Appenninica

Peculiarità della Sibilla nostrana, infatti, era quella di rivelare non solo il futuro, ma anche il passato, facendo così scoprire le origini, il legame con la terra e le radici. È proprio così che succede a Guerrino, protagonista del romanzo cavalleresco di Andrea da Barberino
scritto intorno al 1410, “Meschino” perché senza nome, non sapendo chi fossero i suoi genitori. Dopo aver peregrinato in Oriente alla ricerca di Sé, riceve il suggerimento di recarsi in Italia presso l’oracolo sibillino. Arrivato da “Alcina” (altro nome con cui la Sibilla era nota), egli entra nel suo regno, che si rivela un Paradiso Infernale, dal quale l’eroe potrebbe attingere la conoscenza ma anche la dannazione eterna e così decide, cristianamente, di rinunciare.

Al di là delle manipolazioni religiose, l’idea è che nell’incontro amoroso con il Principio Femminile il cavaliere possa scoprire chi egli sia davvero. Ed è per questo che la passeggiata verso la Grotta della Sibilla rimane, ancora oggi, una delle escursioni più belle dei nostri monti.

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