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Giuliano Giuliani è un artista ascolano che, nella sua vita, si è fatto carico di una importante missione: alleggerire la pesantezza, esfoliare il travertino.

Ascoli Piceno, sua città natale, è anche conosciuta come la Città del Travertino, essendo il centro storico costruito in gran parte con questo materiale, estratto direttamente dalle numerose cave che circondavano e circondano ancora l’abitato, anche se oggi la maggior parte è stata dismessa. La tradizione del travertino, dunque, ad Ascoli ha un cuore antico e Giuliani l’ha ereditata in pieno, anche grazia al padre che gli ha lasciato la cava di famiglia a Colle San Marco, oggi studio en plein air dell’artista.

 

Giuliano Giuliani, la biografia

Giuliano Giuliani, classe 1954, vive e lavora a Colle San Marco, nella casa adiacente alla cava di famiglia, dalla quale trae la materia prima per le sue opere.

Una sorta di ansia creativa è stata presenta nell’animo dello scultore fin dall’infanzia, vissuta in armonia con la natura nella casa paterna, circondata da boschi e dalla quale si può godere di uno splendido affaccio sui Monti Sibillini. È proprio Giuliani a confessare che però, già da molto giovane, costante in lui è stato il sentimento della fine, dell’imminenza di una perdita: allora, il fare artistico può rappresentare, per l’uomo, una forma di riscatto, attuato tramite la bellezza, strettamente correlata al sentimento religioso, confessa l’artista nel suo ultimo libro, edito nel 2018 da Quodlibet, Bandiere o Dormienti: “Se la bellezza non basta, cerchiamo Dio”.

 

Giuliano Giuliani, il suo modo di fare arte

La leggerezza può essere considerata la cifra identitaria del modo di scolpire di Giuliani: egli riesce, infatti, ad esfoliare il travertino, a renderlo materia sensuale e sinuosa, dando voce alla vita insita nella pietra: “le pietre hanno un’anima, certo hanno un Dio”, scrive sempre l’artista.

In effetti, il travertino è vivo, cela vite nascoste nei suoi pori, è in grado di stratificare tutto ciò che ha interagito con lui nel corso dei millenni, divenendo un libro da leggere e capire che parla del passato; così, l’influenza divina si nasconde e permea la pietra, anche se l’arte non rappresenta, per l’artista, il modo di attingerlo in pieno: “all’arte manca la resurrezione“, prosegue lo scultore.

Michelangiolescamente, è come se la struttura naturale celasse in sé la forma, ed è compito dell’artista liberarla, definirla, modellarla. Le forme di Giuliani sono, del resto, lievi, leggere, spesso concave o convesse, attraverso cui la luce passa, anche grazie alla sottigliezza della materia e alla pesantezza della massa svuotata, divenendo uno squarcio sulle tenebre e sull’invisibile. Tutto questo lavoro, senza fare artigiano e manualità non sarebbe possibile; insomma, l’anelito all’infinito passa attraverso il corpo a corpo con il travertino: “Tutto nasce, secondo me, e in particolare per gli scultori, nella consapevolezza della bellezza dell’universo e nell’angoscia della perdita. Da qui nasce il senso religioso, e tutto michelangiolesco, dell’appagamento mistico, del legame con il riscatto religioso, e la furia, secondo me, scultorea, nel fare, c’è tutta l’origine, l’appagamento del costruire, del determinare; nella scultura, per me almeno, c’è questo obbligo fisico, questo coinvolgimento del corpo che sta alla base di ogni costruzione, in questo caso scultorea. Sono concetti molto classici e condivisibili per chi nasce forse in una cava e vede gli uomini sudare al sole, bagnarsi con il fango… e sente la necessità di esprimere… forme e valori, estetici ed etici,… ha bisogno anche del corpo… e del sudore”.

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