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Emergenza Coronavirus, purtroppo le Marche sono tra le regioni più colpite dall’emergenza sanitaria in corso.

“Di fronte a questo quadro ci troviamo a ribadire come sia necessario oggi più di ieri affermare che le esigenze di tutela della salute di lavoratori e cittadini non possono essere superficialmente subordinati alle esigenze produttive. Per arginare l’epidemia, servono misure severe per ridurre gli spostamenti delle persone e le attività lavorative autorizzate devono essere esclusivamente quelle di carattere essenziale. Bisogna avere il coraggio di chiudere tutto ciò che non ha queste caratteristiche per agevolare in tempi più rapidi il rientro alla normalità”, scrivono Cgil, Cisl e Uil.

Cgil, Cisl e Uil hanno espresso in ogni territorio la massima disponibilità a collaborare con i Prefetti e le altre Istituzioni per far sì che ci sia la più stretta osservanza delle norme di legge.

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Emergenza Coronavirus, l’appello dei sindacati

Secondo i sindacati marchigiani, “Il DPCM del 22 marzo scorso aveva maglie troppo larghe. Le modifiche ad esso apportate migliorano il quadro ma hanno bisogno di essere accompagnate da azioni coerenti con lo scopo di ridurre la mobilità per lavoro e di assicurare la tutela della salute per chi è chiamato comunque a prestare la sua attività”.

Daniela Barbaresi, Sauro Rossi e Graziano Fioretti, rispettivamente Segretari Generali di Cgil, Cisl, Uil Marche, considerano “preoccupante e irresponsabile che ben 2 mila imprese marchigiane, escluse dalla lista delle attività essenziali, abbiano comunicato alle Prefetture di voler continuare a svolgere la loro attività: un numero esageratamente elevato se si considera che in questi giorni ogni cittadino dovrebbe, per il bene di tutti, restare a casa”. Per loro, infatti, le attività di tali imprese vanno sottoposte a verifica, “così come vanno individuate e punite tutte quelle forme elusive, come il cambio dei codici Ateco, a cui hanno fatto ricorso, anche nella nostra regione molte imprese”. Altra priorità sottolineata da Cgil, Cisl e Uil è quella di garantire tutte le misure di sicurezza previste dal Protocollo del 14 marzo e richiamate dal DPCM in ambito lavorativo: “In assenza di tali misure le attività vanno fermate e ai lavoratori assicurato l’accesso agli ammortizzatori sociali”.

“Siamo insieme stupiti, amareggiati e irritati per l’atteggiamento disinvolto e ai limiti del cinismo con cui alcuni consulenti e alcune associazioni datoriali, tra cui Confindustria, assecondano e promuovono iniziative ispirate a logiche produttivistiche di bassa lega, sottovalutando tra l’altro gli effetti che una concorrenza sleale di questo tipo, produce nei confronti delle imprese rispettose della legge”, proseguono Barbaresi, Rossi e Fioretti.

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