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Premessa, non si tratta di un articolo gastronomico su uno dei piatti simbolo dell’Inghilterra. Ma il gioco di parole, che richiama la gustosa prelibatezza a base di pesce fritto e french fries, riguarda un altro settore, quello del gioco. Perché da fish a fiches è un attimo a livello linguistico, ma non sul piano concettuale. Quest’ultima parola, infatti, sta a indicare qualcosa che con il cibo davvero non ha nulla a che fare, ma si tratta di quelle “monete” che vanno a sostituire nei casinò i soldi veri. Queste, poi, sono anche conosciute con un termine inglese che è identico a quello per definire le patatine fritte: chips. Lasciando l’ambito culinario, andiamo a scoprire qualcosa in più sulla storia delle fiches, svelando anche qualche curiosità sull’argomento.

Iniziamo col dire che, a differenza del mondo delle scommesse o del gioco d’azzardo, le fiches dovrebbero avere un’origine molto più recente. Nonostante qualcosa che possa definirsi antenato delle chips potesse esistere anche da molto più tempo, le prime testimonianze risalgono a circa 2 secoli fa. Prima del 19esimo secolo, infatti, i giocatori e le giocatrici puntavano nei vari giochi attraverso ciò che avevano a disposizione sul posto. Non solo soldi, sia ben chiaro, ma anche oggetti preziosi, collane e anelli d’oro, addirittura pepite e diamanti. Ma si capisce subito che dare un valore a cose del genere non è sempre facile, magari scatenando anche polemiche tra i giocatori sulla reale stima dell’oggetto utilizzato nella puntata.

Da qui, quindi, la necessità, specialmente nelle sale da gioco come i casinò, di dare una svolta definitiva al sistema delle puntate, regolarizzandole e, soprattutto, standardizzandole. Per farlo era necessario un oggetto, magari simile alle monete, che potesse avere un valore predefinito, magari scritto sopra o segnalato da una forma o un colore diverso, e che fosse facile da utilizzare: ecco dunque che vennero inventate le fiches. Inizialmente i materiali solitamente utilizzati per questo tipo di “soldi da gioco” erano più preziosi, come l’avorio o l’osso. Pian piano, poi, si è passati a materie di meno valore, come la plastica e l’argilla, fino ad arrivare ad alcuni materiali biologici e riciclabili dei giorni nostri. Questo per far sì che al di fuori del casinò le fiches non abbiano valore contabile. Quindi anche volendo rubarne alcune, come successo a Sanremo di recente, al massimo possono essere utilizzate come gadget ricordo, anche perché ogni sala adotta il suo tipo specifico di fiches, con tanto di numero di serie e chip al suo interno, non spendibile in altre strutture. Un modo, quest’ultimo, per evitare non solo il furto, ma anche la contraffazione di queste monete, inizialmente molto diffusa.

Altro vantaggio delle fiches sta nel fatto che limitano la circolazione di denaro contante all’interno del casinò, anche nel casinò disponibile online. Una questione di sicurezza per evitare spiacevoli episodi ai tavoli da gioco e consentire il ritiro di soldi veri solo al termine della propria permanenza all’interno della sala. A quel punto il giocatore può recarsi tranquillamente presso la cassa a cambiare le proprie monete da gioco in denaro contante. Ma perché a volte si chiamano fiches e altre si preferisce utilizzare il termine chips? Il mistero è presto svelato. La parola inglese, solitamente, si riferisce alle monete usate dai giocatori di Poker, mentre in tutti gli altri giochi di casinò, specie quelli di origine francese come la roulette o il blackjack, si usa la versione transalpina del termine. La diffusione di questi gettoni da gioco è stato immediato e continua ancora oggi. Non a caso anche sul web si usano le fiches virtuali, che variano di forma, valore e colori proprio come nella realtà.

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