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Le attività di scavo archeologico preventivo svolte tra ottobre 2021 e gennaio 2022 in occasione della costruzione del nuovo punto vendita Eurospin di San Severino Marche, hanno portato luce un esteso complesso funerario di epoca romana.

Gli scavi sono stati condotti dalla ditta specializzata ArcheoLAB di Macerata sotto la direzione scientifica del dott. Tommaso Casci Ceccacci della Soprintendenza ABAP per le province di Ancona e Pesaro e Urbino.

san severino marche scavi archeologia

San Severino Marche, le tombe di epoca romana

Il contesto archeologico venuto alla luce è eccezionale. Il suo valore consiste nell’appartenenza alla più estesa necropoli occidentale della città romana di Septempeda. Città romana sviluppata all’esterno della cinta muraria  in aderenza al percorso viario che la collegava a Nuceria Camellaria (Nocera Umbra) e alla Via Flaminia.

L’area sepolcrale, individuata in prossimità del muro di recinzione prospicente la S.P. 361, si distingue per la presenza di 14 sepolture articolate lungo i margini meridionali del diverticolo Prolaquense della Flaminia. Flaminia che, attraversando l’antico centro urbano sulla direttrice est-ovest, ne costituiva anche il decumano massimo.

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Nella sua organizzazione originaria, inquadrabile orientativamente nei primi due secoli dell’impero, lo spazio funerario portato in luce ha uno sviluppo est-ovest. E si distribuisce parallelamente all’asse viario lungo i margini di una scarpata naturale.

Le scrupolose indagini archeologiche eseguite hanno permesso di riconoscere rituali, architetture funerarie e forme di sepoltura estremamente variegati.

Il rituale della cremazione è quello maggiormente attestato, officiato sia in maniera diretta, ossia cremando il corpo del defunto all’interno della stessa fossa entro cui veniva deposto, sia in forma indiretta. Cioè deponendo i resti combusti in altro contesto in un distinto spazio funerario.

I sepolcri a cremazione diretta, meglio noti con il termine “busta sepulcra”, ospitano grosse pire lignee (“busta”) su cui sono deposti e bruciati i defunti assieme ad alcuni oggetti del corredo personale. Una volta terminato il rogo funebre, i resti ossei venivano raccolti e posizionati al centro della fossa terragna assieme ad ulteriori oggetti di accompagno. L’intero spazio funerario veniva quindi sigillato ed enfatizzato dalla costruzione di un vero e proprio sepolcro (“sepulcrum”).

Alcune delle tombe indagate conservavano ancora intatta la struttura sepolcrale caratterizzata dalla posa in opera di una o più coppie di tegole contrapposte a spiovente e sormontate nel punto di giunzione da coppi.
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Le sepolture a cremazione indiretta, invece, mostrano una struttura sepolcrale di minore impegno realizzativo: cassette di forma triangolare o rettangolare, realizzata con tegole appositamente spezzate. All’interno sono deposti i resti osteologici combusti, gli oggetti di corredo, ed i residui del rogo funebre. In questo caso la cremazione dei defunti doveva avvenire in settori marginali della necropoli, all’interno di spazi appositi meglio noti con il nome di “ustrina”.

Al rito crematorio è associato anche quello ad inumazione, seppur attestato in percentuali minori, come dimostrato dalle 3 tombe a fossa terragna indagate. I defunti, racchiusi in feretri lignei o avvolti in un sudario, venivano stati deposti in semplici fosse terragne colmate con sola terra.

Secondo la Soprintendenza ABAP sono da ritenere sorprendenti l’integrità e lo stato di conservazione di gran parte dei contesti indagati. Come la perfetta conservazione dei resti combusti della pira, della lettiga funebre e dei feretri lignei. Quest’ultimi chiaramente ricostruibili grazie al mantenimento in fase di decomposizione del materiale organico e della posizione originale dei chiodi.

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A rimarcare il carattere “periurbano”, e non marginale, del sepolcreto è anche la presenza di un basamento di forma rettangolare (dimensioni ca 3.50 x 2.50 m), realizzato con una gettata contro terra di calcestruzzo e ciottoli di fiume, e certamente pertinente ad una struttura funeraria un monumentale sviluppo in elevato.

Nonostante il pessimo stato di conservazione non permetta di ricondurlo ad una specifica tipologia architettonica, tale presenza sottolinea la rilevanza topografica dell’intero contesto, ben visibile a chi si trovava a percorrere l’asse stradale.

Tra i materiali combusti stupisce l’elevata presenza di unguentari vitrei, sia frammentari che integri, ma deformati dal calore.

Non manca, inoltre, la presenza di oggetti in bronzo tra cui spiccano uno splendido  specchio con disco circolare e impugnatura sagomata a balaustro e un anello digitale privo di castone.

Altre tipologie di materiali forniscono suggerimenti utili per determinare il sesso del defunto, rimandando a stereotipi comunemente rappresentati da oggetti tipici dell’abbigliamento personale e di specifiche attività svolte nel quotidiano.

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Per la componente femminile, percentualmente più rappresentata, si fa riferimento alla presenza di aghi crinali utilizzati per fissare le acconciature. Ma anche ad aghi da cucito, steli da fuso e fuseruole in osso che alludono alla tipica attività domestica della tessitura.

Le tombe maschili, numericamente minori, sembrano essere contraddistinte da comuni utensili da lavoro quali coltelli e rasoi/raschiatoi.

Fonte: pagina Facebook della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio AN PU e AP FM MC.

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