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Acqua e siccità, gli impianti di dissalazione nucleare una strategia per contrastare la carenza idrica. Rimuovere il sale dall’acqua di mare per fornire l’acqua dolce alla popolazione mondiale.

Acqua, la dissalazione nucleare per contrastarne la carenza

Gli impianti di dissalazione nucleare rappresentano una buona strategia per contrastare la carenza idrica. Rimuovere il sale dall’acqua di mare per fornire l’acqua dolce necessaria a soddisfare il fabbisogno della popolazione mondiale. Al momento l’idea principale per realizzare il tutto si può concretizzare con l’utilizzo di navi galleggianti alimentate da reattori nucleari e dotate di sistemi di desalinizzazione. Nobile scopo ma dai costi di funzionamento proibitivi. Queste strutture utilizzano grandi volumi d’acqua che vengono pompati attraverso membrane ad alta pressione.

In tutto il mondo in questo mondo ci sono 20 mila impianti di desalinizzazione. Kazakhistan, India, Giappone, Spagna e Israele sono le nazioni che la utilizzano e la promuovono maggiormente. Anche la Russia ha un desalinizzatore in mare. In Italia invece tale pratica è “bloccata”. La cosiddetta legge salvamare, ammette l’attività degli impianti di desalinizzazione solo in casi eccezionali. Inoltre, in caso di autorizzazione, i tempi previsti per l’attuzione sono molto eleveti a causa di una burocrazia che si riserva dai tre ai cinque anni e più.

Svantaggi della desalinizzazione offshore

La desanilizzazione offshore presenta vantaggi e svantaggi. L’acqua estremamente salata risultante dal processo è tossica per la vita marina. Un impianto di desalinizzazione ha un costo di circa 15 milioni. I suoi costi annui di gestione sono di 500mila euro per una produzione di circa 2,5 milioni di metri cubi di ‘acqua potabile all’anno. Inoltre, tutte hanno in comune un’intensità di alto assorbimento di energia e la maggior parte degli impianti oggi utilizza combustibili fossili. Altro fattore da considerare è che la dissalazione risulta sostenibile sul piano economico-gestionale solo in presenza di una rete idrica dalle dispersioni contenute. Quest’ultima condizione è poco frequente in Italia.

 

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