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Cè un bellissimo classico di archeologia divulgativa, dal titolo Civiltà sepolte. Oggi, però, lasciando i disvelatori del passato al loro prezioso lavoro di esumazione, avremmo bisogno di un contemporaneologo che scrivesse un libro altrettanto importante: Inciviltà emergenti.
Questo studioso dei tempi andanti dovrebbe avere fiuto ed esperienza poiché gli aspetti esteriori, di solito, ingannano. E uno potrebbe pensare di trovarsi di fronte a un paesaggio evoluto solo perché vede immagini di modernità.

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Inciviltà emergenti

Libro: Inciviltà emergenti

Nella piazza della bella cittadina, dove una fontana secolare gratifica lo sguardo, ecco che si infila un pickup rosso aragosta, dall’ampio vano vuoto, che violenta l’armonia del posto.
A bordo, un aspirante yankee, con l’evidente sogno di sembrare un coltivatore di mais dell’Ohio, ignaro, però, che anche la zolla è per lui una nobiltà fuori portata.
Il contemporaneologo, registra. Per il libro.

Ecco, ora ci spostiamo nel parco, ove busti e volti di marmo ci ricordano una storia di cultura e patriottismo.
Immancabile, arriva il signore attempato col suo Fido, sessanta centimetri al garrese e settantacinque chili di stazza. Si fermano: Fido fiuta intorno finché, finalmente, trova l’ispirazione. E allora inarca la robusta schiena, il muso teso in avanti e la bocca semiaperta mentre lui, l’elegante attempato, intuisce e tira fuori il cellulare.
Fido spasima, gli addominali si tendono e, al terzo o quarto ponzamento, espelle dall’estremità più lontana dal naso (beato lui) un paio di cilindri tiepidi. Elaborazione enterica dei croccantini del giorno prima.
L’attempato vede, ma finge di no, e si dà a digitare un messaggio inesistente al suo agente di borsa, lì alla City, per darsi un contegno. Poi, ambedue si allontanano, con passo svelto, ma con judicio, lasciando da gestire i cilindri fumanti al paziente ciclo del carbonio e dell’azoto.

Il contemporaneologo, annota con interesse. Per il libro.

Ma niente a che vedere con la storia della studentessa aspirante odontoiatra, svoltasi come segue, secondo le recenti cronache cittadine (è successo davvero).
Lei bara alla prova d’ammissione, aiutandosi col telefonino. Un concorrente la sgama e la segnala al professore che vigila sulla regolarità. Il prof chiede la consegna del telefonino. Ma quale telefonino, obietta la sventurata, e quando il prof insiste, lei esce dall’aula, indispettita. La cosa è seria. Si rischia l’invalidazione. Il prof la segue, la raggiunge, lei continua a negare: il cell ce l’ha mia sorella.
Allora il prof le dà il suo, di telefonino, perché chiami la sorella. La sorella, effettivamente, arriva e lei di nascosto, cerca di rifilarle il cell precedentemente negato. Il prof le blocca il braccio, e qui si raggiunge l’acme.
L’aspirante odontoiatra placca, a sua volta, il prof mentre la sorella indirizza con successo un calcio al medesimo, proprio lì dove risiedono le ghiandole ispiratrici della poetica maschile.

Il contemporaneologo esulta: che scoperta! Quante inciviltà emergenti in questa singola scenetta.Vengono repertate, e scrupolosamente catalogate. L’elaborata cafonaggine di certi neoborghesi, la precoce corruzione di certi giovani, la miserevole decadenza della dignità accademica. Nonché un fiero femminismo muscolare, senza tentennamenti e senza nostalgie di eleganza.

Il contemporaneologo dedicherà alla vicenda il capitolo più importante del suo libro.

Vicenda che, per importanza, corrisponde alle più famose scoperte dell’archeologia. Di quelle, cioè, che ti spalancano un orizzonte di conoscenze su un’intera epoca.
La tomba di Tutankhamon, le rovine di Troia e Machu Picchu a noi, modestamente, ci fanno un baffo.

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