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“Armonie di pietra. Il paesaggio delle Marche nelle sculture di Giuliano Giuliani” è una mostra promossa da Regione Marche, Comune di Ascoli Piceno e Parco archeologico del Colosseo. Una mostra che vuole  raccontare le Marche attraverso le opere dell’artista ascolano.

Le Marche: il paesaggio raccontato da Giuliano Giuliani

Inaugurata a Roma il 15 ottobre, la mostra rimarrà nella Capitale, al Parco archeologico del Colosseo, fino all’8 gennaio 2023. Poi verrà trasferita ad Ascoli Piceno e sarà visitabile dal 7 aprile al 28 giugno 2023 nel Chiostro di Sant’Agostino.
A Roma, il percorso espositivo, composto da 20 opere in travertino, si snoda dalla Basilica Emilia alla Basilica Giulia passando per la piazza del Foro Romano. E attraversa alcuni tra gli edifici più importanti di quello che era il centro politico, amministrativo, religioso, giudiziario e commerciale della città.

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Armonie di pietra. Il paesaggio delle Marche nelle sculture di Giuliano Giuliani

“Le Marche – ha commentato Alfonsina Russo, direttore del Parco Archeologico del Colosseo – sono una terra tesoro del nostro del Paese. La loro bellezza rifulge nelle opere di Giuliano Giuliani, lo scultore marchigiano che conferisce al travertino la stessa morbidezza e omogeneità delle colline e dei paesaggi della sua regione. Ma il travertino fa parte anche della storia di Roma e dei suoi monumenti, come il Colosseo. Così, quale luogo migliore per accogliere le sculture di Giuliani, in un momento tra l’altro così difficile per una terra che sta facendo i conti con le calamità naturali che vi si sono abbattute? Nella speranza che, attraverso la bellezza delle opere in mostra così rappresentative delle Marche, giunga tutta la nostra vicinanza alla popolazione così terribilmente colpita”.

Il travertino di ieri e di oggi

Giuliano Giuliani è di Ascoli Piceno, luogo in cui nasce non solo la sua arte ma anche il materiale di cui si serve per crearla: il travertino. Ovvero la roccia sedimentaria calcarea che, per le sue caratteristiche di resistenza e durata nel tempo, è stata la pietra elettiva dell’architettura romana.

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Le sculture di Giuliano Giuliani nel Parco archeologico del Colosseo

Lo scultore estrae direttamente la pietra e la lavora nella cava di famiglia a Colle San Marco, oggi trasformata nel suo studio a cielo aperto. Quelle stesse opere che sembrano dialogare con l’essenza del paesaggio marchigiano sono ora chiamate a confrontarsi con la storia della civiltà, nel nome di quella pietra che è l’essenza della materia del passato. Proprio nell’area centrale del Foro Romano: lacerti di travertino affiorano dai resti della Basilica Emilia. Nella piazza del Foro sono ancora visibili i lastroni in lapis Tiburtinus – estratto dalle cave di Tivoli – della pavimentazione antica. E della stessa pietra sono anche i gradini della Basilica Giulia.

Le forme morbide e fluttuanti delle sculture entrano perciò in dialogo con le monumentali architetture romane,
costruendo un legame tra archeologia e arte contemporanea e introducendo suggestioni e riflessioni inedite sulla memoria e sul tempo.

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Lo scultore Giuliano Giuliani

Giuliano Giuliani: lo scultore del bianco

Giuliano Giuliani è uno scultore del bianco. Le sue opere rappresentano veri e propri luoghi della sua terra: esprimono tratti formali e teorici che corrispondono al paesaggio e alle caratteristiche immateriali delle Marche, all’interiorità che si esprime nel rigore del suo lavoro. Quello che ne viene fuori sono corpi pieni e compatti ma anche depressioni d’ombra che diventano parte integrante dell’espressività dell’opera. Le armonie di pietra sono come rovine che l’artista riporta alla luce ricercando le radici della civiltà e del nostro essere. Guidato dalla materia della sua terra e dal flusso del tempo.

“La caratteristica del mio lavoro – spiega l’artista – è che si nutre di una diretta e personale manualità e di un fare per sottrazione dal blocco intero. L’uso del travertino, la più sacra tra le pietre, materiale arcaico e assoluto del mio lavoro, contribuisce a mantenere e inserire forme contemporanee in luoghi diversificati. Sia in ambito archeologico sia in ambito urbano moderno. È un fare generato da una necessità di essenziale, un togliere il superfluo, un ‘fare spazio’ per lasciare il risultato: segno di definizione alla restante fragilità; senso di valore alla leggerezza; ovvero spiritualità”.

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