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Mi chiedo cosa mi piaccia della neve.

È bianca. Credo sia importante. Il bianco è il colore che contiene tutti gli altri. È la più discreta delle intensità. È il colore dei matrimoni, delle nascite e (in qualche cultura) dei funerali. E poi i colori hanno un effetto sulla psiche. Non riuscirei a sopportare una neve fucsia o giallo ocra.

È democratica. Ci stiamo tutti sotto, in palazzi o capanne. I fiocchi sembrano uno di quei contributi governativi che vanno indistintamente a ricchi e poveri e che, per il tempo di un annuncio, ci rendono uguali.

È silenziosa. Di qui il senso di pace, e l’invito alla riflessione e all’introspezione.

È potente. Infatti, solo un grande potere riesce a sospendere per qualche ora il rumore che ci circonda e farci trovare il coraggio di dire al capo che no, oggi non andiamo al lavoro.

neve

È silenziosa. Di qui il senso di pace, e l’invito alla riflessione e all’introspezione

Neve: ci riporta alla materialità delle cose…

Però, secondo me, ciò che piace della neve è che essa ci riporta alla materialità delle cose. La neve è fredda, e non puoi scaldarla in nessun modo, è scivolosa, bagna se non sei vestito in un certo modo, copre, ostruisce, ingombra. Ci obbliga a fare i conti con la fisicità, fino a convincerci con la forza, quando proprio le abbiamo provate tutte, che quel pezzo lo dobbiamo trattare col badile, perché se no oggi non facciamo la spesa.

Questo, come ogni cosa che riporta ai meccanismi elementari della realtà, risulta rassicurante, alla fine. Perché toglie dalla dipendenza delle mediazioni, libera dall’ansia che quell’attrezzatura si inceppi o che quel servizio si interrompa. Ri-dipendiamo da noi stessi e noi, acciaccati e inesperti che vogliamo essere, siamo sempre più affidabili di qualunque altra risorsa esterna.

Ma a patto che, ai primi fiocchi, noi accettiamo, oltre alla seduzione, anche la sfida che la neve ci pone.

Neve: ci sfida…

La sfida è quella di uscire dalla fiaba, accettare che le dita si freddino, che i piedi si bagnino, che il ramo d’albero cada, ma anche il traliccio, perché così vanno le cose fisiche. Può dispiacermi di rimanere senza corrente e buttare quaranta chili di carne ma, per Giove, sarà pure ora che io metta questo tra le eventualità che possono accadere. E poi: che ci faccio con quaranta chili di carne nel freezer?

Posso dispiacermi, ma non mi devo stupire. O indignarmi. No, quello proprio non fa parte del gioco. Perchè tutti i nostri bisnonni e nonni hanno passato l’inverno del ’56 senza luce e senza riscaldamento. È seccante, perdiana, ma non è un motivo di estinzione di massa.

Si può rimanere isolati, e i soccorsi possono arrivare in ritardo. Specie dopo che i Governi hanno impoverito i Comuni e questi non hanno né mezzi né uomini. Perchè le cose… perchè vanno così le cose.

Fuori tutti dalla fiaba.

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