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Per iniziativa di un collezionista d’arte è stato pubblicato un catalogo di opere di Giacomo Pomili, in arte Il Tarpato. Tiziana Capocasa, curatrice del Museo a lui intitolato, parla di tale catalogo sottolineando puntualmente come e perchè non rende giustizia all’artista di Grottammare.

Riportiamo integralmente la nota diffusa alla stampa.

La nota della curatrice del Museo del Tarpato di Grottammare

Grottammare. Bistrattato da vivo, continua ad esserlo anche da morto. Questo sembra essere il destino di  Giacomo Pomili, in arte Il Tarpato, pseudonimo dell’artista di Grottammare dallo stesso scelto proprio per  sottolineare l’incomprensione e l’emarginazione di cui si sentiva vittima nel suo borgo natio.

In qualità di curatrice del Museo del Tarpato, di cui quest’anno ricorre il decennale della sua istituzione, intendo prendere le distanze da un catalogo pubblicato in questi giorni dal vivaista Pino Santori. L’incarico mi venne dato nel 2013 dall’allora sindaco Luigi Merli con l’intento di riabilitare e valorizzare la figura di questo singolare artista del Paese Alto con l’apertura dello spazio museale all’interno del Palazzo dell’Orologio con ingresso sotto le Logge.

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Giacomo Pomili, in arte Il Tarpato

I giudizi espressi nel catalogo

Il libro voluto da Pino Santori, collezionista d’arte, non rende pienamente omaggio al Tarpato, scadendo in alcuni luoghi comuni. Ebbene nel saggio critico inserito nel catalogo, redatto poco prima della sua morte da Antimo Mascaretti, bancario nonché pittore di scarso successo, si tende a sottolineare che Il Tarpato “non è un pittore naif”, “non è un pittore consapevole”, “non è un pittore colto”, “non è un pittore replicante”, “nessuna pittura primitiva, nessun motivo ingenuo”.

Per il sedicente critico d’arte “Il motivo vero è il dolore” quindi prosegue “per questi pittori occorre sempre parlare di eventuale limitatezza tecnica, scarsa capacità  di dipingere per mancanza di scuola, al punto che quella tecnica approssimativa finisce per apparire slabbrata, frantumata, esplosa davanti ad una pienezza d’anima straripante e trascinante”. 

Quindi il Mascaretti scade in giudizi affrettati con considerazioni senza alcun fondamento o reale riscontro “Non essendo avvezzo alla pittura come tecnica in primis, e poi come durissima disciplina, come “linguaggio”, il Tarpato ha commesso tutti gli errori più banali, nessuno escluso: lasciava interferire con il suo lavoro la costante preoccupazione di essere accettato e riconosciuto come pittore valido, vero; si perdeva negli abbinamenti delle opere con cornici inadatte, spesso davvero brutte, si attardava a lavorare con materiali scadenti: tele di scarsa qualità di tessuto e di poco prezzo, telai troppo fragili, buoni al massimo per pittori dilettanti o studenti d’accademia, e soprattutto colori pessimi, le serie più infime, anche quando avrebbe potuto permettersi di meglio. Errori che si pagano puntualmente. Errori che sono la norma per chi non sa di tecnica che per approssimazione”.  

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La Regina dei Piceni

Le verità sulle opere dell’artista di Grottammare

Non è affatto vero che  Giacomo Pomili usava colori scadenti giacchè, come ho scritto nella mia biografia sul Tarpato che si può leggere anche nei pannelli del Museo a lui dedicato, venne incoraggiato a proseguire nella sua arte dall’amico Mario Lupo che aveva il suo studio al Paese alto e gli faceva dono, sistematicamente, dei  suoi colori acrilici e ad olio.

Con il  proseguire degli anni Il Tarpato piuttosto si privava di cose superflue, ma mai risparmiò sui materiali tant’è che i colori dei suoi quadri che si possono ammirare al Museo del Paese alto ma anche sfogliando il catalogo del Santori appaiono più lucenti e brillanti che mai.

Nel tempo Pino Santori, mosso dalla passione ed interesse verso questo artista, ha accumulato oltre 70 opere, comprate da mercanti d’arte e negli ultimi anni dalla sorella Anna che aveva messo in vendita i quadri, custoditi gelosamente dal fratello, restio alla vendita perché considerava le sue opere  come fossero figli, per “comprare una pelliccia e per rimettersi i denti” come ella stessa ebbe a dire in un intervista rilasciata al Tg delle Marche.

La riabilitazione dell’artista

Tali opere sono state raccolte ora in un catalogo. Stupisce che in tale pubblicazione non si sia tenuto conto della critica più recente che ha riabilitato Il Tarpato, vedi il bellissimo saggio del critico d’arte Papetti nell’opuscolo del Museo che lo accosta alle “alle espressioni più spontanee e genuine della creatività artistica del Novecento, lasciata libera di manifestarsi senza la necessità di conoscenze tecniche apprese presso le accademie” usando per lui l’espressione di Art Brut, introdotta appunto per designare le manifestazioni artistiche inconsapevoli e incolte realizzate da persone indenni di cultura, venne coniata dal francese Jean Dubuffet nel 1945: la definizione si prestava ad essere interpretata come “arte grezza”, ma anche “spumeggiante” come lo champagne che l’artista, mercante di liquori, vendeva”.  

Ed ancora scrive Papetti che lo inquadra come  un “pittore dell’anima”: “Nelle sue opere non viene rispettata nessuna delle regole narrative e compositive della pittura “colta”: i piani prospettici si infrangono e si sovrappongono, determinando un controllato caos di grande suggestione; spazio e tempo risultano concetti privi di valore; i fatti e i personaggi che popolano le sue tele si mescolano in un contesto guidato da quella mancanza di regole che caratterizza il mondo onirico. Questi sono i motivi che suscitano l’interesse nei riguardi delle tele del Tarpato e che conferiscono a questo evento una rilevanza culturale che supera il contesto locale”.

In conclusione…

Da queste premesse si sarebbe dovuto partire per fare piena luce sull’arte del Tarpato. Peccato che si sia persa un’importante occasione anche perché  il catalogo, a detta del Santori, si è avvalso della “preziosa collaborazione di Lucio Piunti e di Gilberto Carboni” che ne hanno condiviso, a mio giudizio, un saggio critico molto riduttivo, assai prolisso e contorto, che in alcuni punti tende a sminuire il Tarpato al di là dell’aneddotica, quest’ultima interessante per capire meglio il carattere bizzarro dell’artista.

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