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“La poesia, le nuvole e l’aglio” è un sollievo per l’anima. La dedica firmata da Carlos Sanchez ormai nel 2009, diceva così: “A Fabiana. Questa poesia non può cambiare il mondo”. Carlos è un uomo che assomiglia alla sua poesia, non potrà cambiare il mondo, eppure leggerlo e conoscere questo poeta contemporaneo dona preziosi istanti di meraviglia. Un uomo scompigliato, che cammina in punta di piedi attraverso l’universo intero. Carlos usa parole che fermano il tempo. La sua poesia stupisce. Ecco il miracolo della scrittura. Navigante, viandante, cammello zoppo, “un uomo semplice nel tentativo di vivere cerca di non incespicare negli altri, manovra le sue risorse ancestrali, il filo del respiro che lo rende possibile”. Questo è Carlos Sanchez, un uomo che vale la pena conoscere, assieme, naturalmente alla sua poesia.

Come racconteresti il titolo di questo libro? Questo libro nasce in un momento molto particolare della mia vita. La scelta di smettere di continuare a viaggiare (lo facevo per lavoro, specialmente in America Latina), e  di abbandonare la vita delle grandi città e andare a vivere in un piccolo paese, Folignano (vicino a mia figlia e alle due nipotine). Il contatto con la gente, il paesaggio circondante, la lentezza del tempo, influì molto in questa opera. La poesia che dà nome al libro è una dichiarazione dei principi che ho seguito sempre nella vita. La poesia che è il mio alimento, le nuvole sono l’aspirazione umana di elevazione, l’aglio è un componente concreto della realtà.

 

Da cosa vieni ispirato e come convivi, nel 2012, con la poesia nella tua quotidianità? La poesia, senza ostentazione, è il mio modo di essere nel mondo. La coltivo dall’adolescenza, e ho avuto la fortuna di vederla sorgere in un momento molto ricco della cultura del mio paese d’origine. In quella epoca Jorge Luis Borges passeggiava col suo bastone per la “calle Florida” in pieno centro della città. C’era pure un movimento poetico attorno a una rivista “Poesia Buenos Aires” che alimentò la mia cultura poetica e il mio amore incondizionato per questo modo di espressione artistico. Anche se l’Argentina era un paese alla fine del planisfero, arrivavano le voci della cultura universale, includendo logicamente l’Italia, la sua gran letteratura, la sua gran tradizione artistica in ogni campo della creazione umana. La poesia ha una larga storia che ho provato a conoscere. Io vivo e dopo scrivo, questa e la mia fonte d’ispirazione. La mia poesia esprime (me lo auguro), la realtà che mi tocca vivere come uomo e come artista.

Nella tua poesia racconti immagini reali, ti immergi e fai immergere il lettore in una dimensione densa di concretezza… La quotidianità è il mio alimento. I poeti non devono volare: devono camminare per questa terra sommessa. Capire anche l’allegria e il dolore d’essere parte di questa società imperfetta, ingiusta è parte di questo mondo. Scrivo sulle cose che mi succedono, che vedo, nel luogo che vivo, nel paese che vivo, nella realtà che respiro. La realtà è più ricca che qualsiasi immaginazione. Anche, se ogni tanto, volano nella mia poesia, uccelli, amori, dubbi, desideri di un mondo migliore.

Il Tempo: con lui dialoghi liberamente, così come con la morte… Il tempo non esiste se si vive ogni momento con pienezza. La memoria non può essere un pesante fardello, se sei in pace con te stesso.  La memoria è forza, come direbbe Kavafis, tutto quello che hai acquisito nel cammino, tutto quello che hai imparato dai dotti. La morte aspetta in silenzio: poverina, non la disturbiamo, lasciamola riposare.

Qual è il tuo rapporto col corpo? Il corpo è il mezzo di trasporto che mi ha permesso il viaggio. Ma non è auto sufficiente, ha bisogno di combustibile. Da sempre cerco un combustibile per il corpo, un combustibile che non è solo materiale. La mia ricerca interiore mi ha aiutato a capire questo concetto; mi ha aiutato ad accettare la precarietà dell’esistenza, con dignità. Per questo provo sempre a lavorare con il corpo, con la mente, con il cuore, con l’anima –ammettendo che lei esista.

 

La poesia, le nuvole e l’aglio.

Oggi le azioni di borsa della poesia

sono un pò agitate per la vendita

la globalizzazione sembrerebbe non interferire

in questo mestiere incerto dell’ignoto.

Mi sono alzato pensando al menù

le riserve si stavano esaurendo

ed sono uscito con la cagna a fare la spesa.

Nel paese non c’erano segni di guerra

nemmeno le bombe si sentivano

né i voli radenti degli aerei da caccia

scaricando la loro umanità

tra tanti poveri innocenti.

Sarà aumentato il pane

mi sono chiesto un pò sconcertato

e Sancha mosse la coda per tranquillizzarmi.

La frutta e le verdure erano fresche

ed il cielo nuvoloso

insidiava questa parte del globo.

Le nuvole non hanno frontiere mi sono detto

non hanno patria e si muovono felici

in questo cielo immenso.

Dietro il villaggio le montagne

sembravano seni giganteschi

venati dalla neve

senza volerlo mi è venuta una metafora

e l’ho segnata sulla bolletta del gas

che era arrivata come sempre puntuale.

Risolveranno i russi il conflitto

o passeremo un inverno al freddo.

Nel bar le conversazioni erano agitate

sembra che vogliono comprare un giocatore

che di calcio sa ben poco.

Nel giornale c’era in prima pagina

il discorso di Obama

la foto del delirio di Gaza

la polemica della sinistra ubriaca.

Improvvisamente mi è venuto il dubbio:

Sarà rimasto un po’ d’aglio in casa?

Folignano, 9 di gennaio 2009