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“La sera del 21 settembre 1945 io morii”. Comincia così “Una tomba per le lucciole”, film d’animazione del 1988, sceneggiato e diretto da Isao Takahata. Tratto dal racconto omonimo di Akiyuki Nosaka, il film ebbe un enorme successo in Giappone e venne distribuito in Italia soltanto nel circuito home video. La voce fuori campo del prologo è quella del quattordicenne Seita, che muore di fame e stenti nell’atrio della stazione di Kobe. Da questa scena inizia un lungo flashback che racconta la storia del ragazzo, figlio di un ufficiale della Marina Imperiale Giapponese, che dopo aver perso la madre in un bombardamento è costretto a scappare per mettersi in salvo con la sorellina Setsuko.

I bambini riescono a trovare rifugio nei pressi di un lago, ma dovranno fare i conti con la mancanza di cibo, e si troveranno ad affrontare da soli il dramma della sopravvivenza. Una tomba per le lucciole mette in luce la complessità delle emozioni umane in relazione alla guerra, e lo fa anche attraverso il contrasto tra la visione adulta della responsabilità civile e patriottica rappresentata dalla zia che ospita per prima i bambini, e il senso di distacco dal proprio mondo vissuto da questi ultimi.

L’originalità del film, o quanto meno il suo aspetto raro, sta proprio nel punto di vista.

Esistono decine di opere che trattano il tema della Guerra, ma generalmente la raccontano con gli occhi di chi la fa o di chi la subisce. E quando si affronta il dolore dei bambini, lo si fa attraverso chi li protegge. Qui sono protagonisti. Sono loro stessi a raccontarla, tanto che madre e padre restano presenze solo nominate. In ciò risiede la potenza del film: sradica l’infanzia dal contesto sereno e spensierato in cui dovrebbe naturalmente essere avvolta. Proprio come fa la guerra. Dirlo nel 1988 attraverso un cartone animato non era né frequente né semplice.

REGIA: Isao Takahata

ANNO: 1988

GENERE: Animazione

DURATA: 93 minuti

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