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Il piano di riordino della Sanità marchigiana segue due direttrici: appropriatezza delle cure e razionalizzazione delle spese. Una svolta dettata dai tempi dell’emergenza chiamata spending review che ha tolto dalle tasche della sanità marchigiana 188 milioni nel biennio 2012/2013. Ebbene, la riforma non fa una piega. Sulla carta.

In dettaglio: tredici zone Asur trasformate in cinque Aree Vaste, reti cliniche, ospedali di polo, Case della Salute. “La situazione dell’Asur Marche è anomala – spiega Giulio Natali, consigliere regionale di centrodestra in V Commissione – il direttore generale, oggi Gianni Genga al posto di Piero Ciccarelli, viene nominato direttamente da Spacca; la giunta regionale, poi, sceglie i direttori delle cinque aree vaste su proposta di Genga. Questi ultimi sono dunque privi di ogni autonomia decisionale. È bene ricordare, inoltre, che accanto all’Asur esistono altre tre aziende sanitarie, due ad Ancona con un braccio operativo a Fermo e una a Pesaro”.

Una struttura che fin qui ha poco di pubblico e molto di aziendale. E se si pensa che sul piatto c’è l’80 per cento del bilancio della regione, si coglie appieno quanto sia succulento il boccone. “Dai documenti ufficiali risulta che nel flusso di fondi dalla Regione all’Asur e dall’Asur alle Aree Vaste mancano 80 milioni di euro. Dove sono finiti quei soldi? La sanità è nelle mani del privato. Se davvero si volessero tagliare i costi la prima cosa da fare – aggiunge Natali – sarebbe quella di risparmiare sulle sacche di spesa, a cominciare dagli stipendi dei dirigenti. Avevamo approvato la stazione unica appaltante dei servizi che doveva essere avviata il 31 dicembre 2012 e ancora non se ne sa nulla. Farebbe risparmiare 40 milioni di euro l’anno”.

Il taglio dei posti letto definito da Mezzolani è pari a 551 complessivi, quelli per malati acuti passano da 5.325 a 4.530, aumentano invece quelli per la lungodegenza e la riabilitazione di 244 posti. Le Marche, attualmente, hanno una media di 3,9 posti letto per ogni 1.000 abitanti. Il decreto del Ministro della Sanità obbliga la regione a scendere a 3,7 posti letto ogni mille abitanti. Nel frattempo però aumenta il bisogno di salute della popolazione, considerando anche le Marche hanno un indice di invecchiamento superiore alla media nazionale con più di 40mila non autosufficienti. Eppure siamo considerati virtuosi. Come mai? Perché l’equilibrio di bilancio viene assicurato con i tagli. Il contesto nazionale non è incoraggiante. Con una contrazione del fondo sanitario nazionale del 30 per cento, con le punte peggiori tra il 2011 e il 2013, mantenere il sistema come un tempo era una missione impossibile.

“La nuova filosofia – spiega Francesco Neroni di Cgil Ascoli – è salvaguardare la salute con la prestazione più adatta, dunque sempre meno ospedali e sempre più servizi territoriali. Eppure, questo si scontra con il potere della Sanità”. È proprio questo il punto: la Sanità è uno dei centri di potere più forti e impenetrabili del Paese in cui la politica mette le mani, da cui la politica prende quello che le serve. È un sistema che si regge a malapena sulla commistione tra pubblico e privato, sull’apparente bilanciamento di oneri e onori. E il cittadino? Medico di se stesso, si perde nel tentativo di curarsi e prova a sopravvivere nella trafila abituale: lunghe file nello studio di un medico di base che firma ricette, ore al telefono per una prenotazione a otto mesi nel pubblico e a otto giorni nel privato, giorni fuori dalla porta dello specialista di turno. La salute non è più un diritto, ma una colpa. E il peccato va espiato.