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Focus sul Piceno con Gian Luca Gregori, preside della facoltà di Economia “G. Fuà” e autore, assieme a un team, della ricerca finalizzata al Piano di marketing territoriale commissionato dalla Provincia di Ascoli all’università Politecnica delle Marche“Quando parliamo di Piceno ci riferiamo in realtà a tre macro-aree fondamentali, molto diverse tra loro da un punto di vista sia storico sia geografico. Innanzitutto la costa, il cui problema è incrementare la domanda internazionale rispetto a quella domestica, che sta diminuendo. Non possiamo pensare di crescere senza intercettare la domanda turistica mondiale. In questo senso, però, è rilevante il tema delle infrastrutture di collegamento. Quindi, la zona interna, quella delle città d’arte, in particolare Ascoli Piceno. Qui si deve creare un’offerta turistica finalizzata a rafforzare la permanenza in città attraverso eventi e manifestazioni. Infine, la zona montana, praticamente trascurata, salvo rare eccezioni. Bisogna, però, valorizzare l’integrazione dei luoghi”.

Fondamentale una strategia messa in atto non da un singolo attore del sistema, piuttosto dall’intera comunità locale, dagli enti e dalle associazioni e infine dalle imprese. Da osservatore, ritiene che questo si stia verificando? “Sicuramente si muove qualcosa. È necessaria tuttavia un’integrazione tra elementi diversi, se non si comprende questo, si rimane indietro. Penso all’economia del mare, alla green economy, alla ristorazione, al food, al comparto della pesca. E tutto il percorso va inserito in un contesto che oggi è proiettato verso una macro-regione. Di certo il manifatturiero non potrà essere sostituito, economicamente parlando, da un solo settore, ma il turismo può dare un contributo sostanziale”.

Altro elemento chiave, la scarsa attenzione riservata al turista e alle sue esigenze. Da questo punto di vista ritiene che siano stati fatti dei passi avanti? “Io parto dai risultati, che, nonostante la crisi, sono positivi anche rispetto ai numeri nazionali. Si può fare di più? Moltissimo. Si deve intervenire in termini non solo strategici, ma anche logistici. Rimane il problema dell’attrattività delle zone montane”.

Punto chiave anche il concetto di “identità territoriale”. Il Piceno come si pone? “È uno dei fattori competitivi da giocare, ma ha senso e valore solo se messo in sinergia con una gestione dell’ospitalità efficace. Le identità vanno riscoperte e valorizzate, soprattutto nell’area montana. Eppure, vanno messi in rete tutti gli elementi: l’economia di promozione, il brand, la gestione dell’ospitalità, l’identità territoriale”.

Infine: il campanilismo. La frammentazione politica e geografica è strategicamente inefficace, eppure permane. Che fare? “Questo è uno dei temi principali. Il campanilismo è limitante quando si ripetono le stesse azioni, quando c’è un numero eccessivo di soggetti nello stesso comparto. La Regione coordina le diverse realtà, ma persiste una certa frammentazione, deleteria soprattutto quando le risorse scarseggiano. Fondamentale una strategia condivisa, ma difficile da attuare. L’importante, in ogni caso, è continuare a lavorare investendo sui settori intangibili, come l’università e il turismo”.