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Il Circolo Legambiente “Il Grillo” di San Severino Marche muove alcune critiche al Piano particolareggiato di Elcito. E contestualmente pone molte domande all’Amministrazione comunale, con la speranza, naturalmente, di ricevere risposte.

Legambiente sul PP di Elcito

Il Circolo Il Grillo ritiene che il piano particolareggiato riguardante la frazione di Elcito abbia delle gravi pecche. Questo poichè:

1) invece di tutelare il prezioso castello, aprirebbe “alla speculazione edilizia e riempie il centro di veicoli”.

2) I parcheggi nel cuore del castello per autoveicoli e motorini causerebbero un “via vai di auto e ciclomotori che romperà il silenzio tipico del luogo”.

3) Con motivazioni definite risibili, consentirebbe “la ricostruzione di edifici non più esistenti da decenni. Assurdo nei criteri di restauro”.

4) Il criterio scelto per autorizzarne alcuni e non altri creerebbe “un pericoloso precedente aprendo la via a ricorsi”.

Di conseguenza, rivolge un appello all’Amministrazione comunale: bloccare l’approvazione del piano particolaregguiati e rivederne le previsioni.

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Elcito visto da ovest in una cartolina del 1938 (fonte R. Paciaroni)

La nota del Circolo Legambiente “Il Grillo”

“La nostra associazione – scrive il direttivo del circolo “Il Grillo” –  con altre della provincia, è stata in prima linea sul fronte dell’istituzione della Riserva naturale regionale del monte San Vicino e del monte Canfaito. Convinta poi che al suo interno dovessero essere inclusi anche la Valfucina e il castello di Elcito. Se l’abbazia ha negli anni perso quasi ogni struttura caratteristica del suo status, eccezion fatta per la cripta della chiesa, il castello di Elcito, pur non avendo quasi più elementi architettonici tipici di un fortilizio medievale, ha mantenuto nei secoli una sua fisionomia urbana caratteristica.

Cessata la funzione militare, l’utilizzo dei materiali da costruzione prelevati da mura e torri per farne delle abitazioni civili che sono diretto e quasi naturale prolungamento della rupe, gli hanno conferito un aspetto del tutto singolare, che lo hanno di recente fatto definire il “Tibet” nelle Marche. Il suo progressivo spopolamento lo ha preservato dalle trasformazioni che, con la demolizione e ricostruzione di nuovi e più moderni edifici, gli altri castelli e ville del territorio settempedano hanno sofferto. E che oggi tanto ne hanno ai nostri occhi snaturato l’aspetto.

Quel ritardo, anni fa percepito come dolorosa arretratezza, ai giorni nostri costituisce il pregio di Elcito.

Pregio che è oggi curato con passione e attenzione dagli attuali proprietari, che hanno fatto proprio questo valore di originalità e lo custodiscono gelosamente. Il Piano Particolareggiato di Centro Storico che si è reso necessario dall’avere questa peculiarità e dall’essere incluso nella riserva naturale, deve salvaguardare (o, meglio, dovrebbe) queste caratteristiche, garantendo a Elcito quella tutela che finora ha avuto fortunosamente (dettata da povertà e disuso negli anni) e che ci permette attualmente di averlo in queste condizioni di relativa originalità.

Intervenire su un centro di questo rilievo storico e paesaggistico è operazione delicatissima.

Un’operazione che deve essere in tutto e per tutto intesa alla stregua di un intervento di restauro che si esegue su un dipinto o su una scultura. Si possono consolidare i materiali, i colori, con piccoli interventi mirati, senza aggiungere nulla nelle lacune, senza vistose integrazioni e aggiunte, che ne cambino la fisionomia e che ripercorrano gli errori già fatti nei “restauri stilistici” ormai non più possibili.
L’unica differenza che c’è tra un’opera d’arte ed Elcito sta nel fatto che quest’ultimo deve poter continuare ad essere vissuto, senza però pensare di avere qui gli stessi comfort che si hanno altrove: le ragioni sono comprensibili a tutti.

Rispettosi adeguamenti tecnologici, fognature, cablaggi di impianti a rete interrati, sono interventi possibili anche nell’ambito del Restauro Urbano ed è a questo che il Piano Particolareggiato dovrebbe dare norma, consentendo interventi minimali e rispettosi dell’esistente.

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“La spiaggetta” di Elcito, destinata dal piano particolareggiato a divenire in parte un parcheggio per biciclette e ciclomotori

Nel piano, invece, troviamo una prima spiacevole sorpresa: la natura e destinazione delle aree di parcheggio.

L’area di sosta di biciclette ciclomotori (che significa anche scooter, fuoristrada…) è individuata nel prato che viene definita “la spiaggetta”, ovvero il sedime dell’antico palazzo abbaziale nel cuore dell’abitato, proprio di fianco al forno reso celebre recentemente dalla tv. Immaginate il viavai di moto nell’angusta via di accesso, dove molte persone siedono sulle panchine a prendere il fresco? Poi vi troviamo un parcheggio per auto nella “piazzetta”, ovvero il sagrato della chiesa, angusto e di forma irregolare. Quali gli spazi di manovra? La rampa attuale, da dove saliranno e scenderanno auto per la sosta sarà semaforizzata? Un nuovo parcheggio, previsto nella parte bassa del paese, sarà realizzato nei pressi di una piccola edicola mariana, tagliando alberi e sbancando centinaia di metri cubi di terreno, per livellarlo realizzando alti muri di sostegno contro terra. Ci sembra una soluzione sbagliata anche questa.

Eppure, sono anni che la Pro Elcito propone la realizzazione di un parcheggio al di fuori dell’abitato (soluzione apprezzata da tutti gli amministratori, ma mai attuata) che risolverebbe i molti problemi della sosta senza avere alcun impatto sul castello e per la quale esiste già la disponibilità dei proprietari dei fondi.

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Elcito nel secolo scorso in una foto del fronte ovest (fonte Ipsia E. Rosa). Chiede Legambiente: “consentire ad alcuni di ricostruire significa escludere altri. Con quale criterio?”

Veniamo alla seconda sbalorditiva sorpresa che ci riserva il piano: la ricostruzione di alcuni edifici allo stato di rudere da decenni.

In particolare, da quanto si è appreso dagli stessi progettisti in consiglio comunale, questi sarebbero almeno quattro. Le condizioni per la loro ricostruibilità sarebbero: la preesistenza e la disponibilità di fotografie che ne documentano l’altezza. Ma gli edifici che sono in queste condizioni sono molti di più di tre. Con quale criterio ad alcuni è concesso e ad altri no? E per quale motivo? Come si deciderà la fisionomia delle facciate, se la foto ne raffigura una o, al massimo, due di scorcio e poco visibili? E le altre? I materiali da costruzione? Saranno prescritte murature portanti tradizionali o realizzati con altre tecnologie? Le cave da cui provengono le pietre di Elcito non sono più coltivabili, così dove si reperiranno i materiali? Si è pensato all’impatto dell’attivazione dei cantieri in un contesto così delicato?

Ma la perplessità più grande riguarda l’incongruità di ricostruire parti ormai storicamente considerate perdute, che è un intervento assolutamente inconciliabile con la disciplina del restauro. Infine, come si farà a dire di no a qualcuno e consentire la ricostruzione ad altri? Di recente alcuni ruderi sono stati venduti al prezzo di rudere… Chissà che proprio quei fortunati acquirenti non si trovino ora per le mani un edificio di cui è possibile la ricostruzione? Anni fa un progetto in questo senso, in base al piano vigente era stato respinto…. e ora?

Queste criticità e questi quesiti si sarebbero dovuti affrontare prima, in una presentazione pubblica del piano, che ha avuto una lunghissima gestazione, alla cittadinanza e agli stakeholder. E non passando, senza nemmeno un’adeguata completa illustrazione, alla sua adozione all’ultimo punto di un consiglio comunale qualsiasi. Fino al 26 dicembre sarà possibile presentare osservazioni e opposizioni al piano. Un appello al Comune: blocchi l’approvazione e riveda le previsioni

Elcito merita altra attenzione.

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