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Nel dicembre 2025 il mondo della moda italiana è stato scosso da una notizia inattesa per molti: il marchio Woolrich, celebre per i suoi parka, la lana e l’abbigliamento outdoor, cambia pelle. La nuova proprietà BasicNet ha deciso di chiudere le sedi operative di Bologna e Milano, disponendo il trasferimento di 139 lavoratori a Torino. A restare “salvi” sarebbero soltanto i dipendenti dei negozi retail, circa 90 persone. 

Questa decisione, spiegata da BasicNet come una manovra strategica per rilanciare il brand, apre però una crisi sociale ed economica, con ricadute sul territorio, sulle famiglie e su un’identità produttiva storica.

Woolrich – Un brand con storia ma in bilico

Fondata nel 1830 in Pennsylvania, Woolrich è tra i più antichi produttori mondiali di abbigliamento outdoor. Il suo nome è legato all’iconico “Artic Parka” e al motivo “Buffalo Check”, diventati un simbolo di stile rustico e funzionalità. 

Nel novembre 2025 BasicNet (già titolare di marchi come Kappa, Superga, K-Way e altri) ha finalizzato l’acquisizione del marchio Woolrich Europe per 90 milioni di euro. L’operazione intendeva integrare un brand con forte heritage, riconosciuto a livello globale, all’interno di un gruppo europeo consolidato.

Secondo la proprietà l’obiettivo è chiaro: centralizzare le attività in una sede unica, quella torinese, per ottimizzare costi e produzione e rilanciare il brand con un’identità rinnovata e coerente. Eppure, a soli giorni dall’annuncio, la mossa provoca una frattura: la storica sede di Bologna, crocevia per la distribuzione europea, viene chiusa e 109 dipendenti impegnati nella logistica e nella amministrazione dovranno trasferirsi. A questa cifra si aggiungono 30 colleghi della sede di Milano: 139 persone nel complesso. 

“Trasferimento o dimissioni”: la dura scelta imposta ai lavoratori

Secondo quanto comunicato da BasicNet il trasferimento a Torino non è facoltativo: accettarlo è una condizione necessaria per mantenere il posto di lavoro. Chi rifiuterà subirà, di fatto, la decadenza del rapporto e non avrà diritto agli ammortizzatori sociali come la disoccupazione. 

Una decisione che i sindacati definiscono “licenziamenti mascherati”. Per 139 famiglie è come se il Natale si trasformasse in un’incognita. Le organizzazioni sindacali già hanno annunciato lo stato di agitazione, ipotizzando scioperi e proteste se non si troveranno soluzioni alternative. Dalla città di Bologna l’allarme è alto: per il sindaco, per le istituzioni e per i cittadini che vedono in Woolrich non solo un’azienda ma un pezzo di storia del territorio. 

Dietro la crisi: mercati in difficoltà e nuova strategia

La moda e il settore del lusso in Europa sono attraversati da una fase difficile. Consumatori che cambiano abitudini, costi crescenti e un contesto economico instabile mettono sotto pressione anche brand storici. Per Woolrich la risposta è stata una manovra radicale: ristrutturazione, centralizzazione e azione sindacale forte.

BasicNet sostiene che l’unificazione delle sedi rappresenta la via per garantire la continuità del marchio, preservare i posti di lavoro, e rilanciare un brand che nel tempo ha perso slancio. «Le persone sono il cuore dell’azienda», hanno dichiarato i CEO del gruppo, sottolineando che chi non potrà trasferirsi sarà accompagnato con tutele secondo legge. Ma per molti l’operazione ha un sapore amaro: una decisione che pesa su comunità e territori e che rischia di dissolvere un pezzo di identità economica e culturale.

Impatto sociale e futuro incerto

Il colpo non è solo economico ma anche simbolico. Per Bologna, città che da decenni ospitava la sede europea di Woolrich, la chiusura rappresenta una perdita significativa. Per i lavoratori è una scelta drammatica: trasferirsi significa cambiare vita, spesso con costi personali e familiari elevati.

I negozi retail restano attivi: circa 90 persone manterranno il proprio ruolo, ma la forza lavoro complessiva si riduce drasticamente. Le sedi storiche, il know-how, la rete logistica e di distribuzione cambiano assetto. Il brand resta, ma il tessuto umano e produttivo che lo ha costruito rischia di scomparire. Sul fronte dell’opinione pubblica cresce la solidarietà verso i dipendenti e la richiesta di interventi da istituzioni, enti locali e organizzazioni sindacali. C’è chi propone incentivi, chi ipotizza riconversioni, chi chiede tutele sociali. Senza alternative concrete però, molti si preparano a perdere casa, comunità e un lavoro stabile.

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