L’ospedale Mazzoni — punto di riferimento per l’intero entroterra del Piceno — vive oggi un momento complesso: da un lato segnali positivi di rilancio e investimento, dall’altro criticità strutturali, carenze di personale e pressione sui servizi. Un bilancio che rispecchia le sfide della sanità territoriale in contesti medio-piccoli.
Le novità del Mazzoni: riaperture, investimenti e dotazioni per l’ospedale
Nel corso del 2025 l’Ast di Ascoli Piceno ha annunciato alcune misure concrete per rafforzare l’offerta ospedaliera. A febbraio è stata riaperta l’unità complessa di urologia, chiusa dal 2020, con venti posti letto e un team di dieci dirigenti medici: un segnale chiaro di volontà di recupero delle funzioni ospedaliere. A gennaio, poi, la direzione ha confermato che il punto nascite non verrà chiuso, smentendo voci che circolavano nella città e rassicurando le famiglie.
Un altro passo importante: la donazione da parte di una fondazione locale che ha permesso l’acquisto di un robot chirurgico ortopedico modello “Mako”, strumento avanzato che migliora la precisione degli interventi e rilancia la capacità attrattiva della struttura. Infine, il ripristino delle attrezzature per l’urologia e per la riabilitazione, e l’adeguamento di endoscopi e barelle per Pronto Soccorso, mostrano una ricostruzione graduale ma concreta del presidio sanitario.
H3 – I problemi che restano: personale, emergenze, pressione sui servizi
Nonostante i segnali positivi, la situazione al Mazzoni è ancora difficile: secondo segnalazioni sindacali, molti reparti — come rianimazione, ostetricia-ginecologia e altri — soffrono carenza di personale, turni spesso scoperti, uso massiccio di contratti interinali, e pressioni su oss e ausiliari.
La conseguenza più evidente è un’organizzazione stressata e un aumento dei disagi per pazienti e operatori. Liste d’attesa lunghe, difficoltà nei ricoveri, richieste urgenti non sempre soddisfatte, e un continuo sacrificio per chi lavora dentro.
Inoltre, l’emergenza del personale sanitario — comune in molte aree interne e semi-rurali — rischia di compromettere la continuità dei servizi, la qualità delle cure e la fiducia dei cittadini nelle strutture locali.
Il contesto diventa ancora più delicato considerando che l’ospedale Mazzoni non è solo un presidio urbano: serve un’area vasta, territori collinari e zone interne dove la mobilità è difficile e l’alternativa non è scontata.
Uno sguardo al 2026: opportunità e incognite
Le donazioni, i nuovi strumenti, le riaperture e gli interventi sulla struttura rappresentano semplci segni di speranza. Ma per garantire una sanità realmente efficace serve ben altro: investimento stabile nel personale, programmazione, piani di emergenza, attenzione alle esigenze delle frazioni e delle zone montane.
Il rischio, altrimenti, è che anche i progressi vengano neutralizzati dalle carenze strutturali. E che la fiducia dei cittadini — indispensabile — si incrini.
Per il Mazzoni e per il Piceno, il 2026 potrebbe essere l’anno della decisione: continuare un processo di rilancio serio, o affrontare la sfida di una sanità sempre più sottoposta a logiche di emergenza.









