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Cloudflare è uno dei pilastri dell’infrastruttura di internet: una rete di server distribuiti nel mondo che fornisce Content Delivery Network (CDN), protezione da attacchi e ottimizzazione delle prestazioni per milioni di siti web. Quando Cloudflare va in crisi, l’impatto si sente e questa volta si è sentito forte. 

Il 18 novembre 2025 Cloudflare ha subito un blackout che ha mandato offline decine di piattaforme e siti da strumenti di chat, piattaforme di lavoro, servizi online fino a social, e-commerce e portali informativi. 

La motivazione, secondo quanto comunicato dall’azienda, non è stata un attacco esterno, ma un malfunzionamento interno ai suoi sistemi: un errore in una infrastruttura di storage critica, su cui si basano numerosi servizi essenziali.

Cloudflare: cosa è successo e le conseguenze

Il problema, iniziato intorno alle 12:48 ora italiana, ha provocato errori 502/504, loop infiniti di verifica umana, inaccessibilità dei portali di supporto e fallimento delle richieste a molte API. Siti molto visitati come motori di ricerca, tool di lavoro, applicazioni e piattaforme creative sono diventati improvvisamente irraggiungibili. 

Il caso dimostra quanto la rete di Cloudflare sia al cuore dell’infrastruttura globale: quando cede, si spegne una fetta significativa dell’internet che conosciamo. Il crash ha evidenziato un rischio concreto: la dipendenza da pochi grandi provider per la stabilità del web. 

Cloudflare ha spiegato che la causa è stata nella storage infrastructure del servizio “KV”, elemento su cui poggiano molte funzionalità interne. Il blackout è durato circa 2 ore e 28 minuti per molte delle sue funzionalità critiche, impattando globalmente utenti e clienti. 

Come capire se è Cloudflare che è “down” 

Quando noti che un sito non si carica, restituisce errori, oppure servizi come login, API, notifiche smettono di funzionare, può essere un segnale di problemi alla rete CDN o al provider che la gestisce. In questi casi, vale la pena verificare lo stato del servizio su pagine come il sito ufficiale di status di Cloudflare oppure su piattaforme di monitoraggio indipendenti come DownDetector. 

Per i gestori di siti o app: in certi casi, conviene prevedere un piano di fallback (backup DNS, hosting alternativo, hosting statico, server secondari) per ridurre l’impatto di eventuali interruzioni. Questo episodio è un monito: l’economia del web e la continuità dei servizi non sempre possono essere in mano a un solo operatore.

Per gli utenti: nella maggior parte dei casi, non c’è nulla da fare: il problema è lato provider, quindi bisogna pazientare. In attesa, puoi provare a ricaricare dopo qualche minuto oppure verificare online: se diversi siti sono offline, probabilmente si tratta di un problema ampio e non personale.

Cosa cambia dopo il blackout

Il blackout del 2025 è diventato un campanello d’allarme: aziende, sviluppatori e utenti stanno riflettendo su quanto vulnerabile possa essere la rete quando si affida troppo a pochi grandi provider. Alcuni stanno pensando a alternative o a ridondanze infrastrutturali per proteggersi.

Per l’ecosistema digitale significa anche ripensare la resilienza: affidarsi a CDN e servizi globali conviene, ma è bene prevedere un piano B. Per gli utenti, magari significa solo sopportare qualche ora di interruzione.

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