Per molti fan l’edizione 2026 dell’Eurovision Song Contest rappresentava già un evento da segnare in calendario: la 70ª edizione della competizione musicale più seguita d’Europa si terrà a Vienna, presso la Wiener Stadthalle, dal 12 al 16 maggio 2026. Tuttavia l’atmosfera è tutt’altro che festosa: la decisione dell’organismo organizzatore, European Broadcasting Union (EBU), di mantenere ammesso alla gara Israele nonostante le pressioni internazionali ha scatenato un’ondata di proteste e annunci di boicottaggio da parte di alcuni paesi.
La promessa di un contest “apolitico, unificante, suonato e cantato da chi ama la musica” si scontra con una realtà difficile: già quattro nazioni (Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia) hanno annunciato il loro ritiro dalla manifestazione.
Eurovision 2026: cosa è cambiato tra regole EBU e reazioni delle nazioni
La EBU, nel corso dell’ultima assemblea, ha deciso di respingere le richieste di esludere Israele. Invece ha introdotto nuove regole concepite per limitare la “promozione sproporzionata” dei brani da parte di governi o terzi, come forma di garanzia di equità. Nonostante ciò, alcune emittenti, a partire da quella spagnola RTVE, hanno annunciato che non prenderanno parte all’Eurovision 2026, né trasmetteranno l’evento. Motivazione ufficiale: la decisione dell’EBU è incompatibile con la loro posizione morale rispetto al conflitto in corso.
Questo ritiro riguarda anche nazioni importanti nel panorama del festival, e rappresenta il boicottaggio più massiccio nella storia dell’Eurovision. Ciò solleva dubbi seri: con quante nazioni si arriverà a Vienna in primavera? E cosa ne sarà del fascino internazionale e dell’ampiezza storica del concorso, se nazioni-chiave restano fuori?
Quali scenari per Eurovision 2026: tra partecipanti, credibilità e futuro
L’edizione 2026 parte dunque con un dilemma: può ancora definirsi “festa della musica europea” se molti Paesi storici decidono di non partecipare? Alcuni analisti temono che un ridotto numero di partecipanti possa intaccare il prestigio e la copertura mediatica dell’evento.
Parallelamente, la EBU rischia di trovarsi davanti a una scelta difficile: mantenere rigorosamente la partecipazione tecnica o mediare con esclusioni per salvaguardare l’immagine pubblica del contest. Il bilanciamento tra artisti, valori, geopolitica e spettacolo appare oggi più delicato che mai. Per gli spettatori, per gli appassionati, per chi ama la musica e l’unione tra culture, quest’edizione rappresenta un banco di prova: può essere l’Eurovision del cambiamento, della crisi, oppure con impegno e rispetto un nuovo inizio.









