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ASCOLI PICENO – Il Tribunale del riesame di Ancona ha respinto l’istanza di scarcerazione presentata dal difensore di Alvaro Binni, il tecnico della Questura di Ascoli Piceno arrestato il 15 febbraio scorso con l’accusa di aver ucciso l’amante Rossella Goffo, funzionaria della Prefettura di Ancona, originaria del Veneto, i cui resti sono stati ritrovati nel Bosco dell’Impero ad Ascoli Piceno il 5 gennaio 2011. Nell’udienza di ieri il difensore, Nazario Agostini, aveva presentato le memorie di un esperto di telefonia mobile e di un’entomologa naturalista forense, per dimostrare che il suo assistito non poteva aver lascito il corpo della donna semi sotterrato nel bosco il 4 maggio 2010 (giorno presunto della morte), nè tantomeno poteva essere tornato l’indomani nello stesso luogo per completare la sepoltura.

 

LA STORIA – La Goffo sparisce da Ancona il 4 maggio del 2010. Secondo l’accusa si incontra con Binni e poi, dopo aver parcheggiato la sua auto nei pressi della Prefettura, sale su quella dell’uomo per raggiungere il capoluogo piceno, pensando di trasferirsi in una casa dove avviare con lui una convivenza. Ne è così certa da aver avvertito il marito, un uomo ormai “rassegnato”. «In realtà – scrive il gip – si trattava di un modo che Binni aveva escogitato per placare l’ardore dell’amante, fingendo di assecondarla al fine di evitare che la donna affrontasse di nuovo sua moglie».

IL TECNICO E LA FUNZIONARIA – Si erano conosciuti a Rovigo Rossella Goffo ed Alvaro Binni , città d’origine di lei. Poi Binni era tornato ad Ascoli, dove vive la sua famiglia. Lei fa di tutto per mantenere vivo il rapporto, emerge dalle indagini, minacciando anche di rivelare alla moglie del compagno «ogni particolare della loro “importante e agitata relazione tra i due, seppur banalizzata invano da Binni», per allontanare i sospetti da sé.

L’EPILOGO? – Quel che è certo, è che l’uomo arrivato persino a denunciare l’amante per molestie telefoniche perché giunto veramente al “limite della sopportazione umana” , come ammette lui stesso in un interrogatorio. Per questo già una volta era quasi arrivato a strangolare la donna. Cosa che, secondo l’accusa, gli riesce il 4 maggio 2010.