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Ha vinto Alice Munro. Scrittrice di racconti brevi, genere odiato e vilipeso da molti e il fatto che sia donna ha scatenato mille sedicenti riflessioni sulla letteratura al femminile. Mi spiego meglio. Alice Munro, classe 1931 è una graziosa signora di origine canadese, dall’aria un po’ da nonna sapiente creatrice di torte di mele che è passata della stima e riconoscimento di tanti lettori (e lettrici) sparsi per il mondo agli onori degli altari del massimo riconoscimento letterario. Le sue storie , frammenti intimi ricchi di grazia e amore sono stati subito bistrattati dai tifosi della letteratura alta, dei romanzoni e delle grandi storie. La sua vittoria ha fatto riaccendere la solita polemica sulla differenza tra letteratura femminile e letteratura maschile (ovvero, per chi fa questi distinguo, tra letteratura femminile e vera letteratura).

Questo post vorrebbe, indipendentemente dall’opinione che si ha della scrittura della Alice Munro sfatare un mito duro a morire anche tra i più colti e raffinati lettori. Non esiste, almeno a mio giudizio, una distinzione più falsa, sessista (sia nei confronti delle donne, ma anche nei confronti degli uomini) e pretestuosa. Un libro o è bello, ci piace, lo leggiamo con interesse e passione o è noioso, non ci piace e ci sembra carta sprecata. L’idea che la letteratura femminile sia intimistica e legata a i sentimenti e quella maschile abbia un respiro epico è un clichè che credo derivi dalla nostra immagine della famiglia anni 50, con la mamma ai fornelli e il papà che va “al lavoro”. Insomma, la mia idea è questa.

Se avete letto due righe di due di autrici come Marguerite Yourcenar, Isabel Allende o Virginia Woolf tutto avrete pensato tranne al loro essere donne. Avrete, leggendo capolavori come Memorie di Adriano, La casa degli spiriti e Orlando, riflettuto sulla capacità di questi autori di rendere con eleganza e chiarezza universale l’animo umano nelle sue mille sfaccettature. Questo dono, che noi comuni mortali chiamiamo talento è equamente distribuito tra maschi e femmine, nel nord e nel sud, a set e a ovest, indipendentemente da razza, sesso, religione e altre sciocche caratteristiche accidentali. Certo, il nascere di un genere o un altro, con un colore o un altro di pelle o con mille altre caratteristiche rende la nostra esperienza come persone diversa e sicuramente influenza il nostro modo di percepire certe cose. Ma se hai la voce da poeta o scrittore tutti i casi della vita potranno diventare occasioni per lasciarti esercitare il dono.

Il fatto che la letteratura abbia pochi esponenti grandi al femminile, almeno in passato, è dovuto al mancato accesso che questa parte della popolazione ha avuto alla formazione e ai circuiti di diffusione. Ora, con queste premesse, faccio un ragionamento. Il premio alla Munro può piacere o meno. Possiamo ritenere l’autrice un po’ sopravvalutata o giustamente accolta tra i grandi ma, al di là di ogni giudizio, questo premio è una bella occasione per avvicinarci, con maggiore rispetto e minore accondiscendenza ad alcune voci autoriali del nostro tempo che essendo donne sono state, con malcelata invidia, relegate al rango (da riserva naturalistica) scrittrici femminili. Ecco la mia tripletta. Sono “scrittore” (non scrivo scrittrici e mi consentire il poco elegante neologismo) che a mio giudizio non hanno bisogno di avere una categoria protetta….

Parto con il mio primo amore che è Marguerite Yourcenar, autrice di quel libro assoluto che è Opera al nero. Segue una scrittrice che ho scoperto da bambina e che mi ha sempre affascinato per la capacità di dire tutto partendo dalla descrizione di un microscopico dettaglio, mi riferisco a Natalia Ginzburg, autrice di testi teatrali, racconti, e romanzi. Tra tutti ricordo una commedia particolarissima che vi cito con piacere, Ti ho sposato per allegria, dove la figura della protagonista, Giuliana, è un po’ il simbolo della maturità che arriva quando non l’aspetti, momento universale e condiviso da uomini e donne a tutte le latitudini che un giorno improvvisamente si accorgono di essere adulti.

Chiude la raccolta un libro molto bello che è un omaggio alla capacità (questa si, per tradizione molto femminile) di contenere, ricordare e accompagnare la commedia umana. Il romanzo è Olive Kitteridge di Elizabeth Strout.

Vi piacciono questi consigli? Avete altri titoli in testa che volete segnalare? Scrivetemi a info@bibliodiversita.it

PS: avete notato che non cito nessun libro della Munro? il motivo è semplice, in questi giorni vi basterà passare in libreria per vedere le opere maggiori dell’autrice tutte belle in fila proprio sulla cassa e magari con anche la solita antiestetica fascetta giallo evidenziatore con scritto grosso NOBEL 2013… insomma a prova di distratti. 😉