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Ci sono voluti ben otto anni di duro lavoro, ma alla fine gli sforzi sono stati ripagati. ‘Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali’ è ufficialmente un bene immateriale iscritto nella Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity. Cioè nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale immateriale: quella che contribuisce a dimostrare “la diversità del patrimonio intangibile e ad aumentare la consapevolezza della sua importanza”. La decisione è stata comunicata giovedì 16 dicembre a seguito del pronunciamento del Comitato intergovernativo UNESCO.

‘Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali’ è il 15° bene immateriale italiano  iscritto nella Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity.

Il percorso che ha portato al prestigioso riconoscimento è stato coordinato dal Servizio II- Ufficio UNESCO del Segretariato generale del Ministero della Cultura. Ma gli attori principali sono stati istituzioni e singoli riuniti nell’Associazione nazionale Città del tartufo e nella Federazione nazionale associazioni tartufai italiana.

Dal sito della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO

“La “Cerca e cavatura del tartufo”  – si legge – è costituita da un insieme di conoscenze e pratiche tradizionali trasmesse oralmente di generazione in generazione e ancora ampiamente diffuse nelle campagne del nostro Paese. I tartufai, ovvero i cacciatori di tartufi, di solito vivono in aree rurali o in piccoli paesi.

La “caccia” al tartufo si divide in due momenti specifici: la caccia vera e propria e l’estrazione. La prima consiste nell’identificazione delle aree in cui si trova la pianta dalle cui radici cresce il fungo sotterraneo chiamato appunto “tartufo”. Questo passaggio è eseguito con l’aiuto di un cane appositamente addestrato. I cacciatori utilizzano poi una paletta speciale che consente di estrarre i tartufi senza danneggiare il terreno circostante.

Per saper trovare il tartufo è necessario disporre di un’ampia gamma di capacità e conoscenze su clima, ambiente e vegetazione, connesse alla gestione di ecosistemi naturali e al rapporto tra il cane e il cacciatore di tartufi.

Queste nozioni vengono trasmesse oralmente attraverso storie, favole, aneddoti e espressioni particolari che riflettono l’identità culturale locale. Creando uno spirito di solidarietà nella comunità dei cacciatori di tartufi.

Questa antica tradizione è spesso associata a feste popolari che segnano l’apertura e la chiusura della stagione del prezioso fungo. Le pratiche rispettano l’equilibrio ecologico e la biodiversità delle piante, assicurando la rigenerazione stagionale delle varie specie.

L’elemento “Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali” è stato riconosciuto Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità nel 2021″.

Il commento del Sindaco di Amandola

Il sindaco Adolfo Marinangeli non riesce a nascondere la gioia. La sua Amandola è una delle 55 “Città del Tartufo” italiane.

“Provo una grande, una immensa soddisfazione – ci ha detto. – Una soddisfazione che ripaga il tanto lavoro fatto in questi anni. Condivido la gioia con tutti gli amici dell’ATAM, l’associazione tartufai di Amandola. E li ringrazio per il loro contributo che ci ha portato a essere inseriti tra le Città del Tartufo.
Il riconoscimento dell’UNESCO è un premio all’attività di ricerca e cava fatta dai nostri tartufai, che si sono sempre battuti per la qualità e l’eccellenza del prodotto. E che davvero hanno ricevuto conoscenze e saperi da chi li ha preceduti. Conoscenze che si tramandano oralmente da secoli che anche loro sono pronti a trasmettere. Consapevoli che si tratta del patrimonio identitario di una comunità coesa e solidale” .

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