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La Sant’Angelo in Vado che conosciamo oggi sorge sulle rovine della ben più antica Tiphernum Mataurense: nei giorni scorsi è tornato alla luce un altro frammento della città romana.

Sant’Angelo in Vado

Lo scavo in via Pubblico Giardino, con misurazione della profondità

Sant’Angelo in Vado e Tifernum Mataurense

Da un po’ di tempo a Sant’Angelo in Vado lavora un’impresa incaricata di effettuare gli scavi per la posa della fibra ottica a banda larga. Qualche giorno fa la bella sorpresa: gli operai si sono trovati di fronte alcune “pietre strane”, che hanno attirato la loro attenzione.

La Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, subito allertata, non ha avuto dubbi: quello tornato alla luce nel cuore della odierna Sant’Angelo in Vado è un altro pezzetto della città romana di Tifernum Mataurense. Città romana impostata secondo lo schema classico: con cardo e decumano che si incrociano ad angolo retto.

Di Tifernum Mataurense sono arrivate fino a noi la magnifica Domus del Mito e i resti delle terme, che sono al centro di grandi progetti di valorizzazione da parte del Ministero della Cultura.

Il ritrovamento a Sant’Angelo in Vado: la Soprintendenza

“È stato aperto un piccolo saggio stratigrafico – scrive la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio in un post su Facebook – sotto la direzione scientifica dell’archeologo Diego Voltolini. In previsione della posa di un pozzetto di ispezione. È emersa, sebbene danneggiata, la stratificazione relativa alla vita e all’abbandono della città romana. Individuando anche un piano stradale, a non molte decine di centimetri dai livelli di vita attuali. Questa strada, che costituiva uno degli assi minori del centro romano, è realizzata in solidi blocchi di pietra, i basoli. Con la carreggiata delimitata da un marciapiede con cordolo in pietra. Alcune tegole riutilizzate testimoniano rifacimenti e sistemazioni del marciapiede”.

Sant’Angelo in Vado

I basoli rinvenuti

Le successive operazioni di scavo archeologico hanno consentito di indicare la collocazione più corretta delle infrastrutture per la fibra ottica. Collocazione tale da preservare i resti archeologici che, adeguatamente protetti, sono stati reinterrati dopo essere stati documentati.
“Questo cardine – spiega la Soprintendenza – già intercettato in altre parti durante vecchi interventi nel sottosuolo e inserito negli studi dell’Università degli Studi di Macerata, aggiunge un ulteriore piccolo tassello per la conoscenza della topografia dell’antica Tifernum Mataurense”.

Foto Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio Marche.

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