Articolo
Testo articolo principale

ASCOLI PICENO – La green economy è uno dei settori più vitali del Piceno. Un comparto che ha bisogno di regole chiare e certe per il proprio sviluppo. “È impossibile – sottolinea Giovanni Cimini presidente del Distretto delle Energie del Piceno – mettere in discussione gli incentivi per il fotovoltaico che non sono un costo, ma un investimento a favore dell’indipendenza energetica del nostro Paese”. Insomma, il futuro è questo.

I NUMERI – Secondo le rilevazioni effettuate dal Gifi_Anie nel solo 2011 la spesa per i combustibili fossili è stata di 60 miliardi di euro, e questo è un costo che si ripete ogni anno. Il fotovoltaico con soli 7 miliardi di euro all’anno può soddisfare almeno il 10% della domanda elettrica nazionale grazie ad una fonte di energia pulita, non onerosa e che non abbiamo bisogno di importare.

LE SFOGO DI CIMINI – “In questi giorni siamo di fronte ad una campagna mediatica sui costi del fotovoltaico strumentale e di parte. Ha ragione il Ministro Corrado Clini: non si possono sottolineare i costi delle rinnovabili e ignorarne i vantaggi. Nel solo 2011 il settore fotovoltaico ha generato 40 miliardi di euro di investimenti, per lo più privati, mentre il gettito Iva ha raggiunto i 4 miliardi – prosegue Cimini – Negli ultimi 5 anni il fotovoltaico ha creato 100 mila posti di lavoro dei quali 20 mila addetti diretti e con età media inferiore ai 35 anni. Un andamento che trova conferma anche nella nostra zona dove proprio per la presenza di numerose aziende che operano nella green economy è stato istituito dalla Camera di Commercio di Ascoli e dalle associazioni di categoria il Distretto dell’Energia del Piceno. La mancanza di regole certe sullo sviluppo della green economy potrebbe penalizzare lo sviluppo del settore anche nel Piceno con gravi conseguenze sui livelli occupazionali”. “Per quanto ci riguarda – conclude il presidente Giovanni Cimini – è giusto soprattutto in questa delicata fase congiunturale “ripulire” le bollette elettriche da oneri impropri. Le famiglie italiane continuano a pagare per le fonti assimilate che poco hanno di rinnovabile, per il nucleare e per gli sconti concessi alle grandi industrie come le acciaierie. Oneri che non accompagnano processi di innovazioni dettati dalle nuove esigenze della green economy e non fanno aumentare il livello di competitività dell’Italia”.