Articolo
Testo articolo principale

Sei storie narrate in sei epoche temporali differenti ma che, come per un gioco imprevedibile del destino, sono collegate tra loro. A leggere il romanzo di Mitchell, da cui è tratto il libro, si capisce subito la difficoltà nel poterne realizzare una pellicola che possa dire tutto. Difficoltà che non si traduce in “questa elemento qui non è realizzabile”, in quanto nel film è stato realizzato di tutto con grandi risultati, ma una difficoltà in termini di scrittura del film. Nel libro è il lettore che da il tempo al racconto, è chi legge che da “il senso dello scorrere del tempo” alle parole, ed è sempre il lettore che interpreta a proprio piacimento le sequenze temporali. Ad esempio: se leggo un libro fino al primo capitolo e dopo due mesi lo riprendo a leggere dal secondo, sono io lettore che non interpreto i due mesi passati perché mentalmente sono sempre rimasto, nei due mesi, al primo capitolo.

CONSIDERAZIONI – Nei film questo non accade: al cinema siamo “schiavi” di uno scorrere del tempo già impostato, già deciso che non può essere cambiato. Ed è questo il vero problema per Cloud Atlas: il fatto che la sceneggiatura è stata troppo “tirata per le lunghe”, magari in nome, giustamente, della fedeltà al libro, ma con il risultato di essere troppo discontinua. La storia, o meglio dire il montaggio, è strutturata in modo da raccontare le vicende dei personaggi, nelle diverse epoche, come se fosse un flusso temporale unico, dove presente-passato-futuro si intrecciano, ma non a caso, bensì con un senso logico, a testimoniare una sorta di grande disegno della vita che lega le nostre esistenze. I momenti in cui i registi ci mostrano le varie sequenze in cui noi spettatori capiamo i punti di raccordo tra le varie storie, il risultato è ottimo, davvero ben realizzato (soprattutto grazie alla musica) ma perdono d’efficacia per colpa di una sceneggiatura troppo lunga che smorza l’immortalità del film. Detto questo però, se con pur delle pecche, il film riesce, soprattutto nella parte finale, nell’intento che si prefigge: il voler rappresentare la vita come un unico grande disegno che collega la vita di tutti. Questo è reso possibile, prima di tutto, dalla musica, davvero ben azzeccata e commovente, e poi dagli attori: un cast stellare che viene chiamato ad interpretare mille ruoli diversi tra loro. Le storie narrate sono interpretate sempre dagli stessi attori che, nei vari racconti, sono truccati per sembrare tutt’altre persone. Un merito va, infatti, al trucco ( e quindi ai truccatori) che ha fatto miracoli trasformando letteralmente il volto e le fattezze di ogni attore. Le scene d’azione sono mozzafiato (anche se risentono di un “già visto” in quanto, essendo nel 2013, non può non esserci qualcosa di già visto al cinema). In definitiva un bel film di grossa produzione di come se ne vedono pochi al cinema, drammatico, commovente ed emozionante assieme che farà uscire lo spettatore stupito e sorpreso dalla sala, che ha come pecca il fatto di voler dire troppo smorzando, come detto prima, l’immortalità del film. Se fosse stato più concentrato sarebbe stato perfetto.

PIACERÀ – a chi vuole vedere un gran film hollywoodiano di quelli fatti bene, grande produzione e grandi attori al servizio di un film che vi farà emozionare e riflettere anche dopo l’uscita dalle sale

NON PIACERÀ – a chi vuole vedere che non debba necessariamente coinvolgere lo spettatore, a chi vuole vedere un film d’evasione (ammesso che esistano)

 

CLOUD ATLAS

REGIA Andy Wachowski, Lana Wachoswki, Tom Tykwer

SCENEGGIATURA Andy Wachowski, Lana Wachoswki, Tom Tykwer

ANNO 2012 con Tom Hanks, Hugh Grant, Hugo Weaving, Halle Barry, Jim Broadbent, James D’Arcy, Susan Sarandon, Bae Doona