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Era il 2007 quando all’esame di maturità scelsi il tema “I luoghi dell’anima nella tradizione artistico letteraria” e a distanza di anni, nel leggere l’opera “La pescheria – appunti sambenedettesi” ho avvertito la stessa volontà di salvaguardare qualcosa dalla volatilità del mondo contemporaneo, trovando la dimensione ideale nel ricordo. Il risultato, nell’opera di Achille Caropreso, un passato lontano che non si perde nel tempo, perché vivo nella mente di chi lo racconta. E la città di San Benedetto del Tronto nelle sue pagine diventa rassicurante; una città in cui il cullare azzurro del mare ha custodito i ricordi.

Dopo la raccolta di poesie “Il corridoio” e la prima parte di appunti sambenedettesi “Il sugo della domenica”, possiamo parlare di poetica del ricordo? Qualcuno, bontà sua, mi ha già definito poeta della memoria; l’ espressione è quanto mai calzante poiché il ricordo e la memoria sono assiduamente presenti nella mia poesia e nella mia prosa, anzi ne costituiscono il presupposto. Il ricordo non è soltanto visivo, “Quanti volti!” ad esempio, ma anche olfattivo, proprio come in vari capitoli de “Il sugo della domenica” o de “La Pescheria”.

 

La pescheria, la scuola, il camping e la Rotonda…nonostante la città sia mutata nelle strutture e nei ritrovi, la penna rianima il respiro d’un tempo. Che valore hanno i luoghi nei suoi ricordi e come li restituisce al lettore? I luoghi, non meno che le persone, sono  di fatto i ricordi e la memoria cui facevo riferimento nel corso della precedente risposta. La mia prosa, e non solo, non potrebbe esistere senza il ricordo di largo Pietro Micca, la pescheria, i caffè di San Benedetto, il Progresso, il molo nord ed altro ancora; sono stati e restano i punti di riferimento della mia vita e li restituisco al lettore pensando a cosa sono diventati oggi alcuni di quei luoghi che pulsavano di vita sino a non molti anni fa: largo Pietro Micca è stato stravolto ed è devastato dai graffiti di pseudo artisti, la pescheria di via Balilla è un brutto ed inutilizzato residuato di archeologia commerciale. In sintesi “contro la volatilità del mondo contemporaneo”, come lei afferma, restituisco volti e luoghi filtrati dalla memoria di chi negli anni ’50 e ’60 era un bambino o poco più.

Poi ci sono i volti, i cuori pulsanti della città che forse non basterebbe un libro per raccontare. Cosa le hanno trasmesso i sambenedettesi? I Sambenedettesi ed i loro volti mi hanno trasmesso non solo sorrisi ed a volte commozione, ma anche saggezza. Quando penso a loro, il che avviene molto spesso, capisco che nella vita bisogno fare ed agire con impegno, ma c’ è anche il momento in cui, prescindendo dall’ età che si è raggiunta, è opportuno sedersi per riflettere ed attendere: su di uno scoglio del molo, o su di una panchina della pineta, ma comunque è necessario fermarsi ed “ascoltare il silenzio”. Il beneficio sarà enorme.

Traferito a Modena cosa ha portato, tra le suggestioni e quel vivere tipicamente sambenedettese, della nostra Riviera? Quando mi sono trasferito a Modena, 36 anni fa, la presenza di quei volti e di quella filosofia di vita mi hanno molto aiutato, anche se, lo riconosco,i  l’ incontro con i cittadini modenesi è stato positivo sin dall’ inizio. Ma la saggezza un po’ meridionale di quei visi…come avrei potuto dimenticarla? Era ed è una risorsa inesauribile cui attingere a piene mani ogni qual volta il cuore lo richieda.