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Si tratta di una scoperta che potrebbe essere utile per lavorare a delle terapie contro le malattie degenerative: i neuroni vivono più a lungo dell’organismo che li ospita. Questa è la conclusione alla quale sono giunti tre ricercatori italiani dopo uno studio durato più di cinque anni e pubblicato su Pnas, la rivista dell’Accademia delle Scienze Usa.

I RISULTATI DELLA RICERCA SUI NEURONI

Gli autori dello studio sono Lorenzo Magrassi, professore di Neurochirurga dell’Università di Pavia che lavora presso la Fondazione Policlinico S. Matteo e l’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr di Pavia, il professor Ferdinando Rossi e Ketty Leto, neurofisiologi del NICO – Istituto di Neuroscienze della Fondazione Cavalieri Ottolenghi presso l’Università di Torino. L’esperimento ha previsto il trapianto di neuroni in fase embrionale prelevati dal cervello di un embrione di topo – con vita media di circa un anno e mezzo – in quello di un ratto, una specie con vita media più lunga, circa tre anni. Le cellule trapiantate si sono sviluppate in neuroni cerebrali, integrandosi nel cervello del ratto pur mantenendo le dimensioni lievemente più piccole tipiche del topo donatore. Si è visto come i neuroni di topo non sono morti circa un anno e mezzo dopo il trapianto – come sarebbe successo se fossero rimasti nel topo – ma sono sopravvissuti tre anni, fino alla morte naturale del ratto in cui sono stati trapiantati. Questo ha dimostrato come la vita dei neuroni non sia geneticamente fissata, ma dipende dal cervello dell’organismo che li ospita. Questa scoperta contraddice dunque l’opinione diffusa che aumentare la vita media degli individui può rivelarsi inutile in quanto i neuroni – anche senza malattie di sorta – morirebbero, riducendo chi sopravvive oltre una certa età ad una vita priva di facoltà cognitive.