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L’amore è qualcosa di strano. Magico per alcune anime romantiche, misterioso per qualche solitario sognatore, inutile per i duri e puri, ma sicuramente strano. Strano per diverse ragioni: riesce a travolgere anche chi non lo cerca e non se lo aspetta (sì, anche gli incorruttibili duri e puri), spinge a comportamenti talvolta folli e spesso del tutto estranei allo stile di chi se ne rende protagonista. Ma soprattutto, l’amore è qualcosa di strano perché a volte unisce persone completamente diverse tra loro, creando un’alchimia incomprensibile per chi osserva dall’esterno. Nel film di Paolo Virzì accade proprio questo.

Non si tratta però di un amore rosa, da favola adolescenziale, non ci sono luccichii negli occhi e farfalle nello stomaco, e forse è proprio questa la forza. Ciò che lega Guido (Luca Marinelli), personaggio per certi versi anacronistico, dotto e appassionato di lingue antiche, moderno principe educato, mite e modesto, ad Antonia (Thony), ragazza insicura che maschera la fragilità dietro una corazza dura in cui ha sepolto il suo passato libero e ribelle, è un amore profondo e reale, edulcorato soltanto dalle attenzioni con cui Guido circonda Antonia.

Due persone normali con una vita normale, precaria come quella di tanti. Lui è un portiere di notte in un grande hotel, che legge testi classici durante i check-in, lei un’impiegata in un autonoleggio, fuggita dalla famiglia siciliana per seguire un ideale di libertà. Condividono una casa in affitto in periferia, circondati da vicini coatti e figli dei peggiori luoghi comuni sulla romanità. E accarezzano il sogno di un figlio, che seguono in tutti i modi e tutti i santi giorni, con l’incubo della data di scadenza dovuta all’età che avanza. Film reale, dunque. Probabilmente banale nella trama, non lo è però nel modo di svilupparla.

Non si tratta certo di un capolavoro, ma di un affresco delicato ed intimo, capace di indagare le paure e i sogni di una generazione di mezzo, figlia del boom economico dei padri, in crisi ma senza la scusa della guerra dei nonni, e lontana dalla ripresa che forse avranno i figli.

La generazione che cerca un figlio senza forse saperne il motivo, in perenne conflitto tra il desiderio di continuità e la paura di lasciare una creatura in un mondo ostile, tra la voglia di essere adulti e l’ansia delle responsabilità, tra il bisogno di fuga e la necessità di radici.

C’è tutto questo, nel film di Virzì, e senza la pretesa di insegnare per forza qualcosa tratteggia un quadro sincero e naturale, che regala momenti piacevoli velati da un sorriso di speranza.

REGIA: Paolo Virzì

ANNO: 2012

GENERE: Commedia

DURATA: 102 minuti

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