Articolo
Testo articolo principale

Quante volte ci è capitato di sentirci a disagio per quelle domande che nessuno – e proprio nessuno – evita di rivolgere? “Perché non ti sistemi?”, “Perché non ti sposi?”, “Perché non hai figli?’”. In un mondo dove l’educazione non è assunta come regola di convivenza, dove si fa a gara per sembrare più bravo bello e figo degli altri (spesso riversando quest’ansia sui propri figli), l’invasione spudorata nella vita degli altri e nella delicata sfera dei sentimenti, che è quanto di più recondito ancora esista nell’uomo, sta assumendo i contorni di una normalità a tratti inquietante.
Non sta a me ripercorrere la storia dei reality show e ripetere cose già sentite. Ma si può fare un passo avanti “tecnologico”. Lo spunto di riflessione viene da un neonato servizio online per ovviare alle domande inopportune iniziali, si chiama Invisible Boyfriend ed è stato creato dall’americano Matthew Homann.

INVISIBLE BOYFRIEND – Il funzionamento è molto semplice: ci si iscrive, si scelgono le caratteristiche fisiche dell’ipotetico fidanzato/a, si danno indicazioni anche sulle sue passioni e nel giro di poco tempo ti ritrovi ad essere in coppia. Ma, come ricordano i Termini di Servizio, c’è il vincolo di non provare sentimenti per l’amoroso virtuale. Invisible Boyfriend, infatti, è studiato per ingannare parenti ed amici e non l’utente, che lo usa come medium di inganno. Serve per mettere a tacere le malelingue offrendo una prova sociale dell’esistenza della coppia, attraverso i messaggi che si ricevono sul proprio cellulare. Insomma, si comunica alla mamma di aver trovato finalmente la persona giusta con l’inconfutabile prova della chat. Detta così, suona paradossale. Eppure Homann ha dichiarato di aver avuto un boom di utenti dai continenti più tradizionalistici per quanto riguarda la visione di famiglia, Europa e America Latina.

Il pensiero va al film “Her” di Spike Jonze che ha conquistato anche un premio Oscar (a chi scrive non è piaciuto). In un futuro non troppo lontano, in cui si tornerà a vestirsi come negli anni ’60, ci si potrà innamorare di una voce emessa da un computer che instaurerà con noi una relazione a tutti gli effetti.


In fondo Invisible Boyfriend lascia aperta questa possibilità, nonostante sia vietata nei Termini di Servizio. Sappiamo bene quanto internet abbia già aiutato a togliere i freni inibitori delle persone, basti pensare a facebook: si intavolano lunghe discussioni sugli argomenti più disparati, poi, quando si incontra per strada la persona con cui si è parlato animosamente il giorno prima, si fa finta di non conoscerla. E non è raro imbattersi in persone che si sono conosciute e innamorate in chat, anche se in quel caso erano coinvolti due corpi reali.
La verità è che dietro Invisible Boyfriend c’è il lavoro, persone che si alzano la mattina per guadagnarsi da vivere, pagate per rispondere ai messaggi d’amore, come ricordato dal suo fondatore al Washington Post. Cominciamoci a chiedere da cosa deriva questa confusione di ruoli: forse è soltanto l’incapacità di rinunciare al nostro io spropositato e divagante, preferendo quindi una rassicurante emanazione virtuale dello stesso?

TAG: , , , ,