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Davide Orecchio è uno scrittore che sta letteralmente rivoluzionando la scrittura in Italia. Il suo ultimo libro “Mio padre la Rivoluzione” è un capolavoro. La ragione di questo giudizi così fermo sta racchiuso nei 2 pilastri per  giudicare un lavoro letterario che l’autore porta alla massima espressione. 

Da un lato la storia. Per fare un buon libro serve un bella storia. Il nostro autore ne sceglie 12 di storie. 12 vite che incontrano la rivoluzione per eccellenza, quella d’ottobre, quella che è stata il segno tangibile dell’utopia e del disastro del 900 appena trascorso.

Attraverso le sue pagine leggiamo le possibile esistenze tra reale e immaginario di Trockij, Stalin, Lenin, Gianni Rodari, Bob Dylan. Cosa è successo a questi uomini? Cosa sarebbe potuto succedere? 

Dall’altro lato lo stile. Con una lingua elegante e serrata sentiamo il rovello del pensiero dei protagonisti narrati da Davide, sentiamo il rumore delle loro sinapsi mischiarsi con quello del vociare delle strade, oppure con accuratezza l’autore ci mostra i loro pensieri salire con nuvolette di vapore nel freddo terribile della grande madre Russia.

Davide Orecchio, perché leggerlo

Questo libro si inserisce in un filone narrativo a cui Davide ha già attinto e nel quale ha sto prova di essere un maestro. Nel 2014 è scuote infatti il suo libro “Città distrutte”. Anche qui abbiamo una serie di vite, note e meno conosciute, di persone che hanno avuto la loro esistenza attraversata e stravolta dalla grande storia. Questa attenzione per le singole esistenze rispetto al processo inarrestabile degli eventi è il tratto più interessante di un autore che osserva con lucidità il mondo di oggi e di ieri.

La sua lezione è riassumibile nel concetto che l’autore spiega nel suo blog (che vi invito a seguire in quanto ricco di intervento molto interessanti):

“Qui ho affrontato anche (ma non solo) biografie possibili ma non avverate. Il campo d’indagine resta il Novecento coi suoi mostri politici e le sue peripezie, secolo del quale riesco a occuparmi solo assumendo la postura del tradimento, della finzione, dell’ipotesi e della costruzione mentale. Perché la Rivoluzione russa? Certo, ricorre il centenario. Ma, se non avessi avuto alle spalle una passione per il tema, sorretta da anni ormai lontani di studio, questo lavoro non l’avrei proprio affrontato. L’idea era anche di esporre il mito della rivoluzione per quello che è: non verità storica, neppure necessariamente menzogna, a volte bugia ma non sempre, forse un altro genere di verità: quella dell’immaginazione collettiva e della manipolazione che ne fecero le oligarchie”.

Il libro è già un’icona per tutti gli appassionati di letteratura e oltre ai numerosi premi che ha già ricevuto merita anche il più prezioso dei riconoscimenti. Quello della vostra scelta, cari lettori.

A presto e scrivetemi a info@bibliodiversita.it

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