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Antoine De La Sale nacque probabilmente in Provenza nel 1388, entrando al servizio della casa D’Angiò appena quindicenne.

Valoroso cavaliere, il destino lo legò ai Monti Sibillini durante il maggio del 1420, quando, il giorno 18, quindi esattamente 600 anni fa, compì un’escursione alla volta del monte e della grotta della Sibilla. La sua signora, la duchessa di Borbone e d’Alvernia, lo mandò a scoprire come fossero realmente dei soggetti raffigurati in un arazzo nella sua reggia: questi monti erano proprio i Sibillini, con il Monte Sibilla e il Lago di Pilato (che allora si chiamava Lago della Sibilla).

 

 

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Il Paradiso della Regina Sibilla di Antoine De La Sale

Il resoconto di viaggio di Antoine De La Sale è contenuto in un libro, scritto in francese, intitolato Le Paradis de la Reine Sibylle (Il Paradiso della Regina Sibilla). Lì, De La Sale racconta tutte le dicerie che raccoglie dalla viva voce degli abitanti di Montemonaco, borgo alle pendici del Monte Sibilla, e la propria esperienza in questa terra.

Tradizione vuole che sulla grotta, che si trova poco prima della cima del monte, fosse ospitato il malefico regno di una maga, o fattucchiera, la Sibilla appunto. La mentalità del De La Sale è quella tipica dell’uomo rinascimentale, ormai emancipata dalle credenze superstiziose medievali: egli riporta ciò che si racconta della grotta, e del suo bellissimo regno sotterraneo, ma ci tiene a sottolineare che per lui sono soltanto dicerie prive di fondamento. Tuttavia, dà una descrizione abbastanza dettagliata di quello che doveva essere quel malefico antro: luogo bellissimo (chiamato, infatti, Paradiso) ma che in realtà è un inferno (e questa figura retorica in letteratura si chiama antifrasi). Chi vi entrava veniva catapultato in un regno pieno di lusso, di donne bellissime e di ricchezza, luogo anche di sapienza: lì si imparavano tutte le lingue del mondo; purtroppo, chi non riusciva ad uscirne entro un anno non poteva più farlo, e veniva obbligato a restare fino alla fine dei tempi, condannando la propria anima alla dannazione a seguito del Giudizio Universale. Un luogo, insomma, ambivalente, pericoloso e affascinante, che invita ad entrare ma promette distruzione.

Antoine De La Sale riporta come abbia avuto un colloquio con un prete di Montemonaco, Don Antonio Fumato, il quale gli riferì di essersi avventurato diverse volte all’interno della caverna, ma solo fino a delle porte di metallo, che sbattono incessantemente, mosse continuamente da un forte vento, aprendosi e chiudendosi senza posa; al contrario, aveva accompagnato nel luogo maledetto due tedeschi, che vi erano entrati senza fare mai più ritorno. Quindi,

cosa ci sia al di là delle porte di metallo non si trova nessuno che ne sappia alcunché, tranne che per una certa fama popolare e per le chiacchiere della gente del luogo, che ne parla a suo piacimento. E tuttavia raccontano cose che sono ben difficili da credere.

La Sibilla Appenninica, ad ogni modo, nella narrazione del De La Sale, rimane ammantata di mistero: non annoverata nel canone classico dell 10 Sibille, stilato da Varrone

né fra tutte le Sibille che per questo motivo vi ho enumerato qui sopra, né negli scritti dei Padri della Chiesa, né altrove, si trova alcuna autentica menzione di questa falsa sibilla che il diavolo, grazia al suo potere e a causa della fragilità della nostra fede, ha reso famosa per ingannare gli ingenui.

Fuor di metafora, tutte queste storie contribuiscono a rendere i nostri Sibillini un luogo pieno di memorie e di sapienza, ricco di tradizioni e leggende, frequentato sin dall’antichità più remota, patrimonio da tenere caro e salvaguardare con ogni mezzo.

 

Mappa disegnata da Antoine De La Sale

 

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