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Sebbene quest’anno passeremo le festività pasquali in una maniera insolita, probabilmente molti di noi non rinunceranno a scambiarsi – almeno in famiglia – il consueto dono che ci accompagna sin dall’infanzia: l’uovo di Pasqua.

Lo scambio di uova come gesto augurale è un’usanza che ha radici molto antiche: sembra che risalga addirittura al popolo fenicio.

Ma perché proprio l’uovo simboleggia questa ricorrenza? Nell’arte e nella cultura è un simbolo molto potente, antico e presente in culture e popoli differenti tra loro, tanto che lo storico delle religioni Mircea Eliade lo ha considerato la “ripetizione della nascita esemplare del Cosmo, l’imitazione della cosmogonia“. Esso, infatti, rappresenta la nascita di una nuova vita e, metaforicamente, la rinascita della natura nel passaggio dal torpore invernale al risveglio primaverile, senza contare che il colore del tuorlo rimanda a quello solare. Senza contare che poi, in alchimia, l’uovo indica la purezza primordiale dell’uomo, ed è considerato quindi in grado di riportare la materia alla sua forma originaria, sanandola dalla corruzione terrena; per questo, come sintesi perfetta, in alcune illustrazioni alchemiche il femminile viene disegnato come un uovo avvolto dalle spire maschili di un serpente, unione fertile che dona la vita.

 

 

La fede cristiana ha fatto sue diverse ricorrenze già celebrate e festeggiate nel mondo pagano: potremmo dire che per noi l’uovo rappresenta la rinascita dell’uomo a nuova vita e, in un certo senso, la resurrezione e la vittoria sulla morte di Cristo.

Il simbolismo dell’uovo

I popolo antichi consideravano l’uovo simbolo dell’unione tra terra e cielo, attribuendogli il significato cosmico di rinascita, quella rinascita che avviene in primavera, momento in cui la natura torna miracolosamente fertile e colorata dopo la stasi e la sterilità invernale. Già i persiani nel periodo primaverile si scambiavano uova di gallina come segno di augurio e i romani, nella speranza di poter coltivare i campi e da essi trarre rigogliosi raccolti, seppellivano nella terra un uovo dipinto di rosso per propiziarne la fertilità.

Il Cristianesimo riprende la simbologia dell’uovo come simbolo vitale (basti pensare ad una famosa opera di Piero della Francesca, la Pala Montefeltro, del 1472 circa, dove, in asse con il capo della vergine è posto un uovo, ad indicare la vita rinata dal suo grembo, l’immacolata concezione), collegandolo alla ricorrenza che celebra la rinascita per eccellenza, quella di Gesù Cristo dopo il supplizio della croce. L’uovo, che ha una nuova vita al proprio interno, è stato posto anche in analogia con il sepolcro: apparentemente vuoto, in realtà cela la possibilità della rinascita eterna dopo la morte.

 

Pala Montefeltro di Piero della Francesca

 

L’usanza moderna di scambiarsi uova in dono

Durante il Medioevo inizia a diffondersi in Germania l’uso di donare uova alla servitù e di decorarle: anche la popolazione si scambiava uova bollite, spesso avvolte in foglie e fiori in modo che si colorassero naturalmente.

Man mano, anche signori e sovrani iniziano a regalarsi uova, ma non commestibili: erano a volte vere e proprie opere d’arte, in oro, platino o altri metalli preziosi e con ricche e sofisticate decorazioni; famosi sono i pezzi di gioielleria dell’orafo Fabergé prodotti per lo zar di Russia Alessandro III. Le uova di Fabergé erano come delle matrioske, si aprivano e al loro interno contenevano sorprese: il primo uovo realizzato per lo zar, intorno al 1885, in platino, conteneva al suo interno un altro uovo d’oro e la riproduzione di un pulcino. Potrebbe essere per questo che nelle nostre uova di Pasqua, anche industriali, troviamo delle sorprese.

 

 

Sappiamo, comunque, che già nel Settecento nella zona di Torino esisteva l’usanza di inserire piccoli doni nelle uova di cioccolato che iniziavano a scambiarsi, usanza diffusa anche in Francia alla corte di Luigi XIV, Re Sole.

 

 

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