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L’incasato di Castel Trosino, a cui è possibile accedere solo da un lato tramite un’imponente e suggestiva porta, essendo gli altri a strapiombo sul Castellano, ha un aspetto tipicamente medievale e, in tempi passati, deve essere stato un ottimo punto di osservazione della vallata. La parte più antica, ovviamente, è quella che si trova all’interno della mura; interamente costruita in pietra locale, dalle fonti non sappiamo precisamente quando inizi la frequentazione del sito da parte degli uomini. Sembra, però, che i romani già conoscessero il luogo per le sue acque termali. Da quanto riferisce Francesco Antonio Marcucci, il borgo di Castel Trosino (grazie alla posizione sopraelevata), insieme a Castel Manfrino, l’ex convento di San Giorgio a Monte Rosara e la Rocca di Montecalvo, era tra i punti di vedetta fondamentali voluti da Carlo Magno per difendere la contea Ascolana.

 

Castel Trosino

 

L’origine del toponimo non è chiara: tra le tante ipotesi avanzate dagli studiosi, Giannino Gagliardi sostiene che il nome deriverebbe da Castrum Truisei (da Truseus, nome di persona anticamente molto diffuso e poi aggettivato in Truseum); per lo storico Secondo Balena, invece, il nome antico dell’abitato sarebbe stato Castel Rosino, essendo la rocca sormontata dalla Montagna di Rosara, e giustifica l’aggiunta della t a seguito di storpiature derivanti dal dialetto locale.

Castel Trosino e i Longobardi

Nel periodo medievale i Longobardi si stabilirono in questa zona, dopo l’assoggettamento di Ascoli al Ducato di Spoleto.

 A metà del XV secolo Castel Trosino divenne rifugio di banditi e malviventi, che attuarono una sorta di guerriglia ai danni del contado ascolano. Tuttavia, verso la fine del secolo, le milizie ascolane e papali assaltarono e distrussero parte dell’impianto difensivo, di cui è ancora visibile la porta di accesso al castello, i resti della cinta muraria e qualche casa medievale, tra cui quella al centro del paese conosciuta come Casa di Re Manfrì, considerata dalla tradizione come casa di Manfredi, figlio di Federico II, il dantesco “nepote di Costanza imperadrice”; altra versione, comunque, crede che l’abitazione appartenesse non a Manfredi ma una giovane della quale egli si innamorò, vivendo con lei una breve e intensa storia d’amore.

 

Casa Re Manfrì

 

La scoperta della necropoli Longobarda

A poca distanza dal paese avvenne, nell’aprile del 1893, una scoperta sconvolgente: durante un’aratura furono scoperchiate casualmente due tombe con ricchi corredi femminili. All’inizio, i primi scavi riportarono alla luce 50 tombe; fu Giulio Gabrielli, Regio Ispettore e Direttore del Museo e della Biblioteca civica di Ascoli Piceno, a segnalare il ritrovamento alla Sovrintendenza Regionale, che si prese la briga di coordinare gli scavi. Il lavoro si protrasse fino a dicembre e portò allo scoperto altre 189 tombe, per un totale di 239 sepolture. La necropoli si rivelò essere di età barbarica, nello specifico longobarda, risalente al VI – VII secolo. L’area del sepolcreto si trovava praticamente di fronte al paese, in un luogo sopraelevato, al quale si accede oggi con un sentiero.

 

Camminamento che conduce alla Necropoli

 

All’interno della necropoli vennero anche rinvenuti i resti di una chiesa intitolata a Santo Stefano, sotto il cui pavimento erano collocate altre tombe. La chiesa era stata costruita verso la metà del VII secolo, in una zona della necropoli dove erano già presenti sepolture; si trattava di un luogo di culto privato, destinato ad accogliere le spoglie dei membri di una delle famiglie che a Castel Trosino avevano l’egemonia. Purtroppo, i resti della chiesa ci sono giunti gravemente danneggiati a seguito dei lavori compiuti a fine Ottocento: sono sopravvissuti solamente un tratto della parete meridionale, un tratto di quella settentrionale e alcune trincee fondative rivolte a nord. Scomparse totalmente mura, abside, facciata, altare, pavimento. Intorno alla chiesa vennero, nel tempo, costruite altre tombe, anche sontuose, ritrovate negli scavi compiuti agli inizi degli anni Duemila.

 

Resti chiesa Santo Stefano

 

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