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“Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno, ed al vedere uno che non sia pazzo, gli si avventeranno contro dicendo:  Tu sei pazzo! a motivo della sua dissomiglianza da loro”. (Sant’Antonio abate).

Follia: in banca

La banca mi chiama per una intervista circa il mio profilo di rischio. Intanto che il funzionario parla, io devo firmare su una lavagnetta elettronica. Alla settima firma, chiedo: “Scusi, cosa sto firmando?”. La risposta è sintetica e masticata: “… e comunque le stampo il contratto”. La stampante parte e macina fogli, mentre io metto altre firme. Poi mi tolgo il sassolino.

“Vede” faccio notare “quello che mi dice e mi stampa è in banchese stretto e, alla fine, si tratta di fiducia tra me e lei. Solo che la banca mi fa firmare perché non si fida di me, mentre io devo fidarmi della banca. Ma le fregature, non avevate cominciato voi a darle?”

Il funzionario non commenta; ci conosciamo da troppi anni per provarci. Lo capisco. È così che vanno le cose.

Follia.

Sotto casa fa manovra una BMW rosso mattone. Dentro, un omino sgomita di sterzo. Lo credo: l’auto è un’ogiva, forse di quelle che poi si scoperchiano e rivelano orrendi pick up. La si direbbe un coupé se non fosse di dimensioni tali da contenere un suv e mezzo al suo interno. È enorme, e mi chiedo cosa ci facciano mostri del genere nelle nostre cittadine medievali. Chi è l’ingegnere che l’ha progettata? E quale patologia mentale intendeva lenire?

Follia.

Chiudo finalmente una voltura dell’acqua, rimasta in sospeso per otto mesi. Il motivo era che il vecchio gestore, per ripicca, non mandava i dati a chi è subentrato nel contratto. Intanto, arrivano solleciti di pagamento per bollette mai ricevute. Mi informo: posso richiederle, però c’è qualche problema col personale ridotto. Niente paura: basta andare in sede a prendere i numeri, alle 6 del mattino, per poi tornare in orario di apertura. Un po’ scomodo, ma è un modo per evitare spargimenti di sangue davanti allo sportello.

Follia.

Alla luce dei precedenti casi, e di numerosi altri che non cito, sono abbastanza convinto di essere sano di mente. Contrariamente a quello che si può pensare, non è una condizione felice; anzi, è molto pericolosa. Essa espone, infatti, a stress psicologico e suggerisce gesti antisociali. Senza aggiungere che, nel contesto, rende odiosi. Decido, quindi, che devo mimetizzarmi nell’ambiente per non farmi scoprire. Nessuno deve sospettare questa mia salute mentale.

Considero di indossare un cappello a tre punte coi sonaglietti in cima, ma sarebbe un tentativo troppo smaccato. Forse potrei andare in giro con un carrello pieno di igienizzanti per water, oppure uscire per il corso con due alani al guinzaglio. Uhm… già andrebbe meglio.

Ora, sarei anche tollerante, ma questo tipo di follia che governa le nostre giornate non merita alcun elogio.

Non è creatività o ribellione. Non porta nulla di nuovo. Piuttosto, appiattisce sul banale con tratti ossessivi e paranoici, con una coazione a uniformarsi e ad imitare. È una follia nuova, che non conoscevo, di tipo antigravitario, che ti solleva in modo variegato, ma sincrono con gli altri, fino a che, senza accorgertene, hai completamente perso il contatto col terreno, immerso in un incubo fumoso.

Dove tutto ha una logica e nulla è intelligente.

L’omino sgomitante ha parcheggiato, e ora la sua ogiva rosso mattone mi toglie buona parte della visuale. Scendendo, deve aver notato dal labiale una mia imprecazione, per cui mi guarda torvo e si dirige verso di me. Lo anticipo: “Scusi, signore…? come…? Se stavo parlando di lei? Ma no ha capito male.. dicevo… dicevo… trallallero-trallallero, trallallero-trallallà…”.

Sì, devo stare davvero molto, molto attento!

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