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Un ragazzo di 18 anni, che frequente il percorso “Produzioni audiovisive” dell’Ipsia. Si chiama Arnold Mezini e grazie al suo video “Non si vive due volte” ha ricevuto la menzione speciale per il concorso “Don’t burn the brain”. Il concorso, promosso dal servizio Risposte alcologiche del Comune sambenedettese in collaborazione con il Centro Giovani Casa Colonica e il Servizio territoriale dipendenze patologiche dell’Asur, ha visto i suoi vincitori nell’ambito della premiazione tenutasi in una cerimonia nella sala consiliare.

Menzione speciale al concorso “Don’t burn the brain”, com’è nata l’occasione di partecipare a questo concorso? “Durante una conversazione con il qualificatissimo Dante Albanesi, gli dissi che avevo realizzato un cortometraggio sui danni causati da diverse sostanze stupefacenti e dall’alcool; lui mi riferì che c’era questo concorso proprio su queste tematiche, chiamato “Don’t burn the brain. Avendo spirito competitivo e voglia di confronto ho ritenuto opportuno presentare il mio lavoro. La menzione speciale probabilmente arriva proprio perché ho sentito il bisogno di dover sensibilizzare i miei coetanei prima ancora del bando di concorso“.

Dall’idea al montaggio, come nasce il tuo video “Non si vive due volte”? “Quando leggo le notizie sui giornali dei ragazzi che eccedono con l’alcol e non solo, mi sento male all’idea che dei miei coetanei rovinino la propria vita solo per l’illusione di stare meglio; per questo ho avvertito l’esigenza di dover convincere i miei pari che l’eccesso non é la soluzione e ho voluto trasmettere informazioni su quali possano essere i rischi che si corrono. Ispirandomi a tali motivazioni e appoggiandomi alla mia creatività, ho realizzato il video. Ma devo ringraziare la fondamentale collaborazione del grande Quirino Di Paolo, senza di lui sarebbe rimasto tutto nel limbo dei progetti incompiuti”.

La tua è una passione e un percorso di studio, cosa significa per te esprimere pensieri e idee attraverso il filtro della telecamera? “Per me il rapporto con la telecamera riesce ad acuire il mio rapporto con la realtà e a leggerla meglio. In tal senso il mio impegno non si esaurisce soltanto nell’esprimere semplicemente idee; si tratta, invece, di stimolare la mente di ogni individuo che sta guardando i miei cortometraggi, tentando di renderlo partecipe, coinvolgerlo ed interessarlo a problematiche che dovrebbe far sue. Il fine ultimo del mio lavoro, in sostanza, dovrebbe essere quello di incuriosire positivamente, con la speranza di inviare un messaggio di facile lettura e di utilità”.

Alla premiazione che si è tenuta alla sala consiliare del Comune eravate in molti. Cosa ha rappresentato per voi partecipare a questo concorso, considerato il tema affrontato? “Per me é stata una grande opportunità, soprattutto per mandare un messaggio che non é semplicemente ‘quello di non ubriacarsi o non assumere sostanze stupefacenti’, piuttosto quello della necessità di essere sempre informati, responsabili e consapevoli delle azioni che stiamo per compiere. La speranza è che si abbia la forza di pensare due volte prima di agire, nella certezza che si possa essere perdonati almeno una volta dopo aver sbagliato: perché la vita é una sola e non va sprecata, ma vissuta.

Un concorso di giovani per i giovani su un tema che ogni settimana riempie le pagine dei giornali: l’abuso dell’alcol. Cosa pensi di ciò che succede ogni sabato sera in città? “Mio malgrado, la verità è che uno dei motivi dell’abuso dell’alcol è da ricercare nella monotonia e nella banalità del sopravvivere: i giovani sprecano molto tempo davanti a un computer oppure girovagando per la città, senza una meta. Poi succede che ogni fine settimana i ragazzi si vogliono divertire per scappare dalla realtà e avere nuove sensazioni. Questa mentalità è errata perché si vive ogni giorno e bisogna ricercare il divertimento anche nello sforzo di migliorare la propria vita. Ogni istituzione ha il dovere di sentirsi coinvolta e le attuali problematiche giovanili sono solo la punta di un iceberg che affonda la sua maestosità nei conflitti irrisolti della società e nei modelli positivi che essa non ha saputo offrire”. O forse non sa far emergere.

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