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Mark Lewis, ragazzo introverso e schivo, è un cineoperatore che desidera diventare regista. Essendo stato sempre vittima del padre che lo usava come cavia per i suoi studi sugli effetti della paura sui bambini, riprendendolo costantemente con una cinepresa in situazioni terribili, Mark sviluppa una forma acuta di voyeurismo che lo porta ad uccidere. Infatti, come il padre lo riprendeva in stati di paura, Mark uccide le sue vittime riprendendole e costringendole a rivedersi nello stato più acuto di terrore.

CONSIDERAZIONI – Questo film, uscito nello stesso anno di Psycho, è un capolavoro e rappresenta una riflessione su cosa è il cinema. Il cinema è guardare, spiare, vedere di nascosto persone che non sanno di essere spiate. Tutto il film ruota su questo concetto, mostrato dalle azioni e dai dialoghi di Mark durante i suoi omicidi, senza far mancare quella suspance tipica del thriller psicologico. Infatti il film è godibile da due punti di vista: la trama e la riflessione. Sì, perché questo film è godibile sia da chi vuole un thriller degno di questa parola, giocando sui traumi della mente e snocciolando una trama davvero ben solida, sia da chi invece vuole cogliere tutti quegli spunti di riflessione cinematografica prima detti. In tutti e due i casi lo spettatore rimarrà ammaliato da questo film inquietante e mozzafiato che corre sul filo della rasoio mostrando come, in quell’anno, Psyco di Alfred Hitchcock non era l’unico capolavoro (film, caso vuole, molto simili tra loro per genere e tematiche).

PIACERÀ – a gli amanti veri del cinema, a chi vuole godersi un ottimo triller e a chi cerca un film che sia di riflessione sul cinema stesso.

NON PIACERÀ – difficilmente può non piacere ma, in linea di massima, a chi non  piacciono i thriller e a chi vuole un film senza impegno (nel caso esistano).

L’OCCHIO CHE UCCIDE

REGIA: Michael Powell

SCENEGGIATURA: Leo Marks

ANNO: 1960

CON Carl Boehm, Anna Massey, Moira Shearer, Maxin Audley